'ndrangheta, pentita Pesce: “Cosca controlla appalti A3”

Pubblicato il 23 Maggio 2012 - 22:00 OLTRE 6 MESI FA

REGGIO CALABRIA, 23 MAG – E' stata dedicata alla descrizione degli affari della cosca Pesce la deposizione che ha fatto la pentita Giuseppina Pesce nel corso dell'udienza del processo All Inside svoltasi a Roma nell'aula bunker del carcere di Rebibbia ai componenti del gruppo criminale di Rosarno.

La cosca Pesce, secondo quanto ha affermato la pentita rispondendo alle domande del pm, Alessandra Cerreti, trae enormi guadagni dal controllo degli appalti per l'ammodernamento dell'A3 nel tratto che attraversa la Piana di Gioia Tauro per quanto riguarda, in particolare, i lavori di movimento terra. In piu', ha riferito ancora la pentita, ci sono le estorsioni ''Non c'e' un negozio o un'impresa di Rosarno – ha detto Giuseppina Pesce – che non paga il pizzo. A meno che non sia di proprieta' di nostri parenti''.

La pentita ha riferito delle disposizioni che vengono dettate dai capi della cosca detenuti attraverso colloqui con parenti che si spacciano come loro familiari grazie a falsi certificati di parentela che sono stati rilasciati dal 2006 e fino al 2011 dal Comune di Rosarno.

Giuseppina Pesce ha parlato anche di come la cosca riuscisse a nascondere i cadaveri delle persone uccise e fatte sparire nel cimitero di Rosarno minacciando i dipendenti. ''I corpi di mio nonno Angelo e di mia zia Annunziata – ha detto la pentita -, uccisi entrambi per punizione perche' avevano relazioni extraconiugali, in realta' non sono stati portati lontano da Rosarno. Si sono sempre trovati nel cimitero del paese in loculi senza nome dove venivano tumulati di notte''.

Un ultimo riferimento la pentita l'ha fatto al giro di carte di credito clonate gestito dalla cosca. ''Carte – ha detto – intestate a clienti statunitensi che le hanno utilizzate in alberghi e ristoranti della Lombardia. Ne ho avuto una anch'io e l'ho usata un paio di volte prima che il titolare la revocasse dopo avere notato spese che non aveva effettuato''.