“Non strappate quel bimbo a quella casa”. Il maresciallo, il delitto, l’orfano e il Tribunale

Pubblicato il 4 Gennaio 2010 - 13:22 OLTRE 6 MESI FA

Ha undici anni, la sera del 29 dicembre è rimasto orfano. Non un incidente o una malattia gli ha portato via la madre. E’ stato un delitto, omicidio: l’uomo che conviveva con lei gli ha ucciso la madre. E’ rimasto solo il bambino che le cronache chiamano solo “G”. Solo nella tragedia e dopo la tragedia, solo nella vita e di fronte alla vita. Ma quel giorno nella casa del delitto è arrivato per fare il suo doloroso e difficile lavoro Giuseppe Francioso. Un carabiniere, un maresciallo, il comandante della caserma di San Ferdinando di Puglia. Il carabiniere ha guardato quel bambino, lo ha portato in caserma. Poi ha osservato ancora quegli occhi sperduti e ha deciso: lo ha portato a casa sua.

A casa del carabiniere, a casa del maresciallo Francioso il bambino “G” è rimasto fino ad oggi. Ma venerdì 8 gennaio, come vuole la legge e come sta per disporre un magistrato, “G” quella casa la dovrebbe lasciare. Lasciare per andare in una comunità. La stessa dove era stato un po’ spedito e un po’ accolto nel 2007 per allontanarlo dai maltrattamenti che la madre gli infliggeva. Una vita tremenda, disperata quella di “G”, il cui unico esito possibile sembra appunto quello di non conoscere mai una vera famiglia, una vera casa. Però per qualche giorno almeno una famiglia e una casa “G” le ha avute entrambe. Il maresciallo vuole adottarlo, vuole che resti a casa sua. Il cuore, la ragione, il buon senso dicono in coro che il maresciallo che vuol farsi padre è dalla parte del diritto vero. Dicono che la sua pietà è quanto di più umanamente legale la società possa concedere, riconoscere a “G”.

La legge formale parla un’altra lingua. Dice che “G” deve andare in comunità. Non è una legge crudele, è una legge attenta. Vuole giustamente garanzie per l’adozione, tutele per il minore. Ma in questo caso rischia, se applicata, di essere sommamente ingiusta. E, come sa anche la scienza giuridica, legge ingiusta non è legge. Quel maresciallo merita quel bimbo e quel bimbo merita quell’uomo come padre. A sostenerlo c’è il solito gruppo su Facebook che stavolta si è creato a buon titolo e non per folklore via web. Soprattutto, a sostenere, a pensare, a credere e a sperare che “G” non sia costretto a lasciare quella casa, forse la prima vera casa della sua vita, è ogni buona volontà e sentimento definibili “umani”.