Obitorio di Saronno al tempo del Covid, 50 euro per vedere il parente morto

Almeno quattro le aziende coinvolte. Indagini partite dalla segnalazione della direzione sanitaria ai carabinieri.

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Novembre 2022 - 11:56 OLTRE 6 MESI FA
obitorio saronno

Obitorio di Saronno al tempo del Covid, 50 euro per vedere il parente morto (foto ANSA)

Ai parenti che avevano appena visto un loro caro morire per Covid, chiedevano 50 euro per consentire l’ultimo saluto. Cosa che all’epoca dei fatti, durante i mesi autunnali del 2020, era vietata dalle norme anticontagio. La stessa cifra la pretendevano dalle aziende di onoranze funebri per convincere un “cliente” ad affidare a loro l’iter dei funerali.

Un giro di mazzette, scrive il Corriere della Sera, fra alcune aziende di pompe funebri e dipendenti dell’obitorio in servizio all’ospedale di Saronno (Varese) ha portato a 10 misure cautelari, compresi tre arresti, uno dei quali in carcere.

Mazzette all’obitorio, così sono partite le indagini

A far partire le indagini, riporta sempre il quotidiano, dei carabinieri del Nucleo Operativo della compagnia di Saronno e coordinate dalla Procura di Busto Arsizio, è stata la segnalazione alla direzione sanitaria da parte di un dipendente, nel 2020, su una somma di denaro che sarebbe stata elargita ad un addetto all’obitorio oggi in carcere, da parte di un impresario di onoranze funebri del luogo. Da lì sono iniziate le intercettazioni telefoniche e video e la raccolta di testimonianze fra i dipendenti dell’ospedale.

Per i militari sono almeno quattro i titolari di pompe funebri che elargivano denaro agli addetti dell’obitorio perché spingessero i parenti dei defunti alla scelta dell’impresa e anche per mostrare ai familiari i morti risultati positivi al Covid. Nell’ordinanza gli inquirenti hanno spiegato che l’addetto ha mostrato “piena indifferenza e sfregio ai doveri correlati alla qualifica pubblica ricoperta” e incapacità nel “cogliere il disvalore e l’estrema gravità delle proprie azioni”. A spartirsi i compensi, secondo le indagini, era anche un’altra dipendente, ai domiciliari, mentre altre due ora con divieto di esercitare la professione per sei mesi, hanno poi collaborato alle indagini.

Altra indagine sui falsi certificati di malattia

Durante l’inchiesta i carabinieri hanno poi aperto altri filoni. Il primo riguarda due medici di Ats accusati di fornire falsi certificati di malattia, l’uno a beneficio dell’altro (perché potesse aiutarlo nel suo studio) e, su richiesta, ai pazienti. Per loro è scattata l’interdizione all’esercizio della professione per un anno. Il secondo riguarda altri due dipendenti della struttura scoperti a rubare materiale sanitario di proprietà dell’ospedale, per poi rivenderlo. Le ipotesi di reato, a vario titolo, sono corruzione, peculato, furto, truffa e falsità ideologica.

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