Palermo, cento intossicati a causa del tonno: sequestrati quintali di pesce

Pubblicato il 29 Maggio 2013 - 21:59 OLTRE 6 MESI FA
Tonno

Tonno

PALERMO – Il catalogo è questo: ad Acireale son 140, ad Aci Castello 18, a Cefalù 25, a Messina 30, a Palermo 20. Sono i quintali di tonno sequestrati in Sicilia, una quantità per difetto, visto che l’attività delle forze dell’ordine va avanti senza sosta, soprattutto dopo che cento persone sono finite in ospedale a Palermo, intossicate per il cattivo stato di conservazione della carne.

Non tutto il tonno sequestrato, però, è guasto; ma tutto è fuorilegge: l’Unione europea ha stabilito delle quote per la pesca del tonno rosso, assegnate in Sicilia soltanto alle marinerie di Marsala e Mazara del Vallo, nel Trapanese, e in minima parte a Catania. Il tonno venduto a Palermo molto probabilmente è quota, dice Paolo Giambruno, capo dei veterinari dell’Asp 6 di Palermom che ha lanciato l’allarme sul consumo di tonno non tracciabile.

”Quando questi limiti non esistevano – aggiunge – si registravano poche intossicazioni ogni anno. Il pesce veniva catturato e venduto in tempi brevi e i casi si verificavano nelle giornate più calde dell’estate”, quando il pesce esposto sui banconi e mal conservato produceva istamina in quantità agevolando la crescita delle larve e provocando la cosiddetta sindrome sgombroide. Ma in questi giorni, nonostante le temperature primaverili, il fenomeno si presenta con inattesa frequenza.

Nella mattinata del 29 maggio, i carabinieri del Nas sono andati nel noto mercato di Ballarò, nel capoluogo siciliano, dove sono stati sequestrati 12 esemplari di tonno da 150 chili ciascuno e senza alcuna certificazione sanitaria, ma del tutto commestibili. E per dare un supplementare tocco d’illegalità alla vicenda, il pesce era conservato in un frigorifero alimentato con energia sottratta alla rete pubblica. Ancor più fantasiosa la scelta fatta da alcuni pescatori di Cefalù, che hanno ”conservato” due tonnellate e mezzo di tonno legandolo ad alcune boe appena al largo della costa, in attesa di acquirenti. Intanto, il prezzo al chilo ha escursioni sospette: dai 6 ai 20 euro, e in tempo di crisi la scelta finisce per cadere sul prodotto più conveniente, con la convinzione, del tutto errata ma molto diffusa tra i consumatori, che la cottura ”disinfetta” tutto.