Palermo, 25 arresti per mafia. Accusa: “Una donna a capo di tutto”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Dicembre 2017 - 08:21 OLTRE 6 MESI FA
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Mariangela Di Trapani, considerata a capo della cosca di Palermo

PALERMO – Stando alle indagini, ci sarebbe stata una donna alla guida del mandamento mafioso palermitano di Resuttana: Mariangela Di Trapani, figlia di un capomafia e moglie dello storico boss Salvino Madonia. Emerge dall’indagine dei carabinieri, coordinata dalla Dda di Palermo, che ha portato all’arresto di 25 persone accusate di mafia, estorsione, favoreggiamento e ricettazione. Oltre 200 carabinieri di Palermo, su delega della Procura distrettuale di Palermo, hanno eseguito gli arresti nei mandamenti mafiosi di San Lorenzo e Resuttana: le accuse di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, favoreggiamento personale, ricettazione. Al blitz hanno partecipato 2 elicotteri del 9° Elinucleo di Boccadifalco, 5 unità cinofile del Nucleo di Palermo Villagrazia, i militari del 12° Reggimento Carabinieri Sicilia e dello Squadrone Carabinieri Eliportato “Cacciatori Sicilia”.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Salvo De Luca, ricostruisce gli assetti e le dinamiche criminali delle famiglie di “San Lorenzo”, “Partanna Mondello”, “Tommaso Natale” e “Pallavicino/Zen” (tutte appartenenti al mandamento di “San Lorenzo”) e della famiglia di “Resuttana“. Dall’indagine, scrive l’Ansa, emerge tra l’altro come Cosa nostra, per quanto indebolita dai risultati investigativi e giudiziari, mantenga la capacità di intimidazione e controllo del territorio riuscendo ancora a costringere i commercianti ad accettare l’imposizione del pizzo.

I pentiti hanno già in passato parlato del ruolo di Mariangela Di Trapani, tanto che la donna venne arrestata nel 2008. Per gli inquirenti reggeva le sorti del clan mentre il marito, pluriergastolano, era detenuto al 41 bis, riuscendo a portare all’esterno gli ordini che lui ai suoi dal carcere. Condannata a 8 anni, ha scontato la pena. Figlia di Ciccio Di Trapani, sorella di Nicola, era soprannominata in famiglia “a picciridda”, (la piccolina ndr). In una intercettazione il fratello ne parla con tenerezza: “Mariangela ha sofferto da picciridda” perché – raccontava – durante la latitanza del padre “a scuola non c’è più andata per amore di mio padre e di me… perché se ne è voluta venire con noi”.

Moglie di Salvino, killer dell’imprenditore Libero Grassi, sfruttava i colloqui in carcere col marito e i cognati Nino e Giuseppe, entrambi ergastolani, per mantenere i contatti dei familiari col mandamento di Resuttana, guidato dai Madonia dai tempi in cui a comandare era il suocero di Mariangela, Francesco. Dall’inchiesta dell’Arma viene fuori il ruolo attuale della donna, che avrebbe preso le redini del clan, e il peso che la famiglia Madonia continua ad avere in Cosa Nostra. Tra le decisioni veicolate all’esterno grazie al contributo della Di Trapani, secondo gli inquirenti che l’arrestarono nel 2008, ci sarebbe stata quella di eliminare l’allora reggente di San Lorenzo Giovanni Bonanno, che, oltre a a fare la cresta sulle casse del clan, sarebbe avrebbe messo in giro la voce che il figlio di Mariangela e Salvino Madonia, Francesco, fosse frutto di un tradimento e non di un concepimento in provetta. Un affronto che non poteva restare impunito.

“La risposta che tu devi dare a Salvo è che quello non c’è più” diceva Nino Madonia a Mariangela, che poi avrebbe trasmesso il messaggio al marito. Bonanno scomparve nel gennaio 2006 e un mese dopo il boss Salvatore Lo Piccolo scriveva un pizzino a Bernardo Provenzano, ancora latitante: “Purtroppo non c’è stato modo di scegliere altre soluzioni. E a questo punto abbiamo dovuto prendere questa amara decisione”. Mariangela Di Trapani non è la prima boss in gonnella di Cosa nostra: l’ultimo caso è quello di Patrizia Messina Denaro, sorella del boss latitante Matteo Messina Denaro, arrestata nel 2013 . Per gli inquirenti, “svolgeva un ruolo di raccordo con il fratello per scambi d’informazioni e per il coordinamento delle risorse economiche”.

Secondo gli incidente Cosa nostra stava per tornare a uccidere: nel mirino Giovanni Niosi, già arrestato in passato. Mestiere ufficiale vigile del fuoco, ma secondo gli investigatori fedelissimo di Salvatore Lo Piccolo con la passione per il cinema, Niosi doveva morire perché aveva deciso di patteggiare una condanna: scelta ritenuta dai mafiosi disdicevole. E’ uno dei particolari dell’inchiesta della Dda di Palermo. A salvargli la vita sarebbe stata la mediazione dei vertici del clan di Porta Nuova. Niosi nel 2002 aveva interpretato il ruolo di un mafioso in una delle puntate di Blu Notte di Carlo Lucarelli dedicata alla strage di Capaci.