ROMA – La busta di patatine fritte confezionate non è la prassi, era solo l’eccezione per le feste di Natale in arrivo. Un menù “speciale” che la scuola materna comunale di Prato aveva pensato per i bimbi. Ma la scelta è stata duramente contestata dalle mamme, subito andate in trincea per la “guerra alle patatine”.
I genitori hanno infatti protestato tramite l’associazione Chiediamo Asilo, che si batte per la qualità dei pasti nelle scuole, spiegando che quelle buste di patatine “saranno certamente un buon prodotto, ma da un punto di vista dietetico per i bambini sono uno degli esempi da evitare e che dunque anche una deroga natalizia ha un impatto negativo sui bambini e le loro famiglie”.
“Soprattutto – hanno aggiunto i genitori – vanifica il lavoro degli specialisti che da sempre raccomandano alle mamme di evitare quegli elementi che la società del “fast-food” ha reso celebri”. Insomma per queste mamme la busta di patatine non solo non va mangiata abitualmente, ma è bandita tassativamente, anche una volta l’anno. Viene da chiedersi se tanto rigore viene dedicato anche a bibite gassate, merendine confezionate o creme spalmabili.
L’assessore Mariagrazia Ciambellotti sulla cronaca di Prato del Tirreno ha parlato della patatine in busta come di un “prodotto di qualità il cui apporto calorico s’inserisce in un regime dietetico equilibrato”. Le patatine in questione erano di una marca nota, non un prodotto scadente, è la difesa del Comune. L’assessore ha aggiunto che “tutti i menù sono elaborati dalle nostre dietiste e sottoposti all’approvazione dell’Asl. La scelta delle patatine, che comunque vengono date a mensa soltanto una volta l’anno e in pochissime quantità, è stata ponderata sulla base della qualità e varietà degli alimenti”.
Alla polemica mamme-patatine si aggiunge il parere dello psicologo che dà ragione alle mamme. “Nel caso della materna di Prato vedo il problema soprattutto culturale. – spiega Paolo Fuligni, psicologo e psicoterapeuta – E’ passato, purtroppo, un messaggio di conferma di un costume alimentare-commerciale che la scuola invece dovrebbe combattere. Credo dunque che le mamme abbiano ragione”.