Pedofilia: il prete Domenica Pezzini condannato a 10 anni, violentò una ragazzina del Bangladesh

Pubblicato il 21 Dicembre 2010 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA

E’ stato condannato a dieci anni di reclusione il sacerdote don Domenico Pezzini, accusato di violenza sessuale aggravata nei confronti di una ragazzina del Bangladesh. La sentenza è stata emessa con rito abbreviato dal Gup di Milano. Il giudice ha anche confermato la misura del carcere per il prete della diocesi di Lodi, rigettando la richiesta della difesa che aveva chiesto al Gup che l’uomo venisse messo agli arresti domiciliari in una comunità monastica. Stando alla indagine, il prete avrebbe abusato della ragazzina tra il 2006 e il 2009 anche quando aveva meno di 14 anni.

Il giudice ha applicato una pena anche più “pesante” rispetto a quella chiesta dall’accusa. Il pm di Milano, Cristiana Roveda, aveva chiesto infatti per il sacerdote otto anni e mezzo di carcere, mentre l’avvocato, Mario Zanchetti, aveva chiesto l’assoluzione e il subordine di trasferimento dal carcere in una comunità monastica, trasferimento a cui aveva dato parere favorevole anche il Pm. Al ragazzino, costituitosi parte civile con l’avvocato Laura De Rui, e’ stata concessa una provvisionale di risarcimento di 50 mila euro. Don Pezzini era un prete molto conosciuto nella comunità omosessuale e in particolare dagli anni ’80 era animatore di un gruppo di omosessuali credenti che approfondiscono le tematiche relative all’omosessualità e ai suoi rapporti con il Cristianesimo. Era stato anche docente di linguistica inglese all’Università di Verona.

Le violenze sarebbero avvenute nella sua abitazione di Milano. In particolare, secondo l’accusa il religioso avrebbe avvicinato il ragazzo, che viveva in una situazione di indigenze e degrado, in un parco, offrendogli una possibilità di aiuto. In realtà, poi, avrebbe abusato piu’ volte di lui per circa tre anni. Nel corso delle indagini, inoltre, era arrivata a Milano in Procura anche un’altra denuncia per abusi sessuali a carico del prete, presentata da un uomo straniero che ha raccontato di aver subito violenze una quindicina di anni fa, quando era minorenne. Fatti prescritti, ma che l’accusa ha usato come ulteriore elemento per confermare il quadro probatorio nel processo.