Pini Roma cadranno tutti, condannati a morte dal non governo

di Riccardo Galli
Pubblicato il 23 Ottobre 2017 - 14:08 OLTRE 6 MESI FA
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Il pino caduto su un taxi in zona Prati

ROMA – Pini  Roma cadranno tutti. Su auto, marciapiedi, case, passanti. Cadranno i pini che sono nei parchi e nei giardini, cadranno quelli che sono lungo le vie consolari, cadranno quelli a margine delle strade o al centro delle piazze. Cadranno a decine, a centinaia e non è un malmostoso Nostradamus dei boschi che lo dice in fumose quartine. E’ la cronaca, la sequenza dei fatti quotidiani che lo attesta. Stamane 23 ottobre è venuto giù un pino a Prati, ha sfondato un taxi e mandato all’ospedale il tassista. Per fortuna nulla di più. Un pino di 25 metri era venuto giù sabato 19 ottobre, un pino era venuto giù il 13 settembre…Cadranno tutti, uno a uno. Fucilati, condannati a morte.

Cronache pietose sommessamente danno al colpa al vento, a Roma, niente meno, stamane c’era vento. Non una bufera, tanto meno un uragano. E neanche una tempesta. C’era vento, solo vento. Normale, normalissimo vento. Non è il vento che ammazza i pini. E’ che i pini sono già stati condannati a morire. Anzi a venir giù. Da anni, molti anni, i pini e il verde di Roma nessuno lo cura più. Servizio Giardini sparito ed inutile chiedere perché. L’intera città risponde ormai nel solo modo che sa, con un non mi compete.

Nessuno pota i pini come nessuno controlla se siano malati. Si sa che verranno giù e ci si affida alla speranza non facciano troppo danno. E comunque se e quando venendo giù faranno il morto, si dirà che era colpa di quelli di prima, lo diranno quelli di adesso. E quelli di prima diranno che è colpa di quelli di adesso. E la gente seguirà, danzerà questa danza tribale al suono e ritmo dei tamburi dell’una o altra tribù. Senza mai provare a intonare una melodia di comune e sensato civile convivere.

Pini di Roma condannati a morte, tutti, dal non governo più che dal mal governo. Roma, città che evidentemente dispiace agli dei contemporanei perché una terna e sequenza come quella Alemanno-Marino-Raggi sindaci l’un dopo l’altro è il segno inequivocabile dell sfavore degli dei appunti. L’un dopo l’altro hanno perfezionato il passaggio dal semplice mal governo al raffinato non governo. Alemanno era ancora in buona parte attardato al governo delle clientele ma sperimentò la nuova frontiera del non governo. Marino del non governare ne fece quasi una cifra della sua amministrazione. Raggi ha portato il non governo alla perfetta sintesi tra prassi e teoria. Il governo M5S della città è uno e uno solo: per non sbagliarsi (e urtare) non fare.

Quindi vengano giù i pini, tutti e senza scampo. Perché se dai l’appalto per curarli chi ti garantisce che non ti fregano (già successo con le strisce pedonali che rifatte sbiadiscono dopo due settimane). E poi bisogna trovare i soldi, decidere (decidere, orrore sommo) quale zona prima e quale dopo e magari quale zona sì e quale no. Tutto decisamente troppo per raggi sindaca e M5S pensiero.

Vengano giù i pini e accada a Roma di tutto. L’ultimo in ordine di cronaca è lo sbancamento (ennesimo) della Salaria consolare da parte di Italgas. Lavori lunghi almeno un mese, carreggiata dimezzata, lavori che regolarmente staccano alle 16.00 e mai di sabato o domenica. Ma soprattutto lavori che per giorni e settimane hanno recintato con le classiche reti da cantiere i cassonetti dei rifiuti. E hanno ridotto appunto la carreggiata della Salaria e delle strade limitrofe. Insomma i normali mezzi Ama non ci passano. E allora che succede? L’Ama manda i camioncini più piccoli a raccogliere i rifiuti e svuotare i bidoni? Italgas libera i cassonetti imprigionati o ci va a fare lo stesso una squadra Ama? Ma come può mai venire in mente che oggi a Roma qualcuno decida e faccia qualcosa? I cassonetti sono ricolmi e fetidi e fatiscenti e prigionieri e nessuno li libera o svuota. A tutti non compete e la gente ci mette del suo buttando sacchetti oltre le reti…Pini di Roma cadranno tutti, condannati a morte dal non governo e il loro venir giù settimanale scandisce l’agonia civile di una città.