Piombino, Marco Longo confessa omicidio Hamdi Fathel: tutto per un cellulare

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Novembre 2017 - 15:04 OLTRE 6 MESI FA
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Piombino, Marco Longo confessa omicidio Hamdi Fathel: tutto per un cellulare

PIOMBINO – Ucciso per un cellulare del valore di alcune centinaia di euro. Sarebbe questo il movente del delitto di Piombino. L’uomo che ha confessato l’omicidio si chiama Marco Longo e ha 33 anni, vive a Livorno e di mestiere fa la guardia giurata. Adesso è in stato di fermo dopo aver ammesso di aver ucciso Hamdi Fathel, 32 anni, di origine tunisina, trovato legato al letto, completamente carbonizzato, martedì scorso.

Dopo l’interrogatorio di ieri sera, Longo ha dato una sua versione dei fatti che, come ha spiegato il procuratore Ettore Squillace Greco, è stata riscontrata dagli elementi acquisiti. Longo ha detto di aver colpito il tunisino con due colpi di pistola al petto mentre era ancora in piedi e uno alla testa. Quest’ultimo colpo ha trapassato il cranio e Longo ha potuto recuperare il proiettile facendolo sparire dal luogo dell’omicidio. Una versione, questa, che poteva sapere soltanto l’assassino e che corrisponde con l’esame Tac che il medico legale ha effettuato sul cadavere.

Sempre nel corso dell’interrogatorio ha confessato inoltre il taglio preciso delle monete messe sugli occhi della vittima (monete da 20 centesimi) probabilmente nel tentativo di depistare le indagini. Longo però non ha saputo spiegare neanche il motivo per cui ha legato il tunisino al letto.

Compiuto l’omicidio ha raccontato al pm di aver cercato dappertutto il suo telefonino, del quale si era impossessato Hamdi Fathel e che sarebbe stato all’origine del gesto. Solo dopo averlo trovato, ha raccontato, avrebbe deciso di dar fuoco all’appartamento perché non si trovassero tracce che potevano ricondurre a lui.

Longo è stato fermato da polizia e carabinieri mentre si trovava in un centro estetico di Venturina. La notte dell’omicidio Longo è andato a casa del tunisino con l’intenzione di riprendersi il telefonino, armato di una Beretta 7.65 modificata da un silenziatore artigianale, perché sapeva che il nordafricano era armato di coltello.

I due, che si conoscevano da tempo, avevano avuto un grosso litigio per la somma corrispondente al valore del cellulare. La vittima aveva subito una condanna definitiva per spaccio di stupefacenti, mentre Longo aveva avuto un passato di tossicodipendenza di eroina.

L’omicida durante l’interrogatorio ha raccontato di aver spiegato al tunisino, che una volta uscito dal carcere lo aveva ricontattato, di non voler avere più a che fare con lui.