Pisa: evade tasse, prosciuga azienda e se ne va in Tunisia

di redazione Blitz
Pubblicato il 24 Febbraio 2016 - 12:25 OLTRE 6 MESI FA
Pisa: evade tasse, prosciuga azienda e se ne va in Tunisia

Pisa: evade tasse, prosciuga azienda e se ne va in Tunisia

PONTEDERA (PISA) – Imprenditore evade le tasse, distrae fondi dell’azienda, dichiara bancarotta e se ne va in Tunisia con un milione di euro. Di tutto questo è accusato un uomo di sessant’anni di Pontedera, in provincia di Pisa. Secondo quanto riferisce Carlo Baroni sul quotidiano la Nazione, l’imprenditore fallito che da tempo risiede a Hammamet avrebbe distratto illecitamente soldi dall’azienda di cui era titolare, dirottando, “in maniera sistematica”, soldi dell’azienda su un conto personale con la motivazione di versamenti all’amministratore.

I connotati della bancarotta contestata all’uomo, infatti, sono “riconducibili ad una attività di dissimulazione delle proprie disponibilità economiche reali”, spiega Baroni su la Nazione, oppure ad una attività di “destabilizzazione del proprio patrimonio diretta a realizzare una insolvenza, anche apparente, nei confronti dei creditori”.

Oltre a tutto questo si aggiunge il fatto che l’uomo non avrebbe pagato Irap, Irfep e Iva per diversi anni, per un totale di un milione e 700mila euro di tasse evase, quantifica La Nazione.

La vicenda, scrive Baroni,

“ha avuto l’ultimo atto ufficiale il 28 maggio del 2007 quando l’azienda dell’imprenditore – un marchio della filiera della pelle in provincia di Pisa – viene dichiarata fallita. Ma lui, stando al processo in corso a Pisa, a quel punto aveva sistemato tutto. Bancarotta fraudolenta è il reato che viene contestato al sessantenne nato e a lungo residente in Valdera e che ora – stando alle notizie sul suo conto – si troverebbe ancora in Tunisia, nel buen ritiro della capitale, forse ancora con alcuni interessi nel mondo della pelle e della moda.

Ma cosa avrebbe fatto quest’imprenditore per mettere da parte un bel gruzzolo? (…) Per esempio, nel 2003, avrebbe dirottato circa 300 mila euro, l’anno successivo, 147mila, poi oltre 200mila e così via. Fino ad arrivare a quel milione e 100mila euro e spiccioli che sono indicati nel capo d’imputazione”.

Il processo è iniziato nel 2013, ma ancora la fase dibattimentale non è riuscita a decollare da una parte, scrive Baroni,

“per le per lungaggini della burocrazia e dell’altra per le continue eccezioni sollevate dalla difesa sulle mancate o le errate notifiche. Nei giorni scorsi sempre un’eccezione ha fatto slittare ancora: si torna in aula a fine settembre. Tra i primi teste che dovranno essere sentiti sono gli operanti della Guardia di Finanza che fecero gli accertamenti e gli atti di polizia giudiziaria. Tra i soggetti da sentire, sicuramente, anche il curatore fallimentare”.