Al via il processo Bianchini, accusato di 3 stupri a Roma

Pubblicato il 24 Gennaio 2010 - 19:51| Aggiornato il 25 Gennaio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Luca Bianchini

Entra nel vivo il processo a Luca Bianchini, il presunto stupratore seriale accusato di aver violentato almeno tre donne tra aprile e luglio 2009, in altrettanti garage della periferia capitolina.  L’impiegato della società “Metropolitane srl” di Roma, 33 anni, comparirà domani 25 gennaio davanti ai giudici del Tribunale di Roma che lo giudicheranno con rito immediato.

Bianchini, in carcere a Regina Coeli da 6 mesi, si è sempre professato innocente nonostante le prove del Dna, che corrisponde con “il massimo grado di compatibilità” alle tracce ritrovate nei tre stupri. Bianchini controaccusa e parla di manipolazione della polizia, proponendo una nuova perizia di parte della difesa. Al vaglio della polizia ci sarebbe un’altra ventina di violenze rimaste irrisolte o attribuite invece a “Joe Codino”, un’altra vecchia conoscenza degli investigatori della capitale. Intanto, per gli investigatori le prove iniziano a quadrare, tutte verso un’unica direzione: l’uomo aveva creato due mondi opposti nella sua vita.

Di giorno un uomo “noioso”, una bestia di notte. Quella di Bianchini era una vita impeccabile: lavorava come contabile nella società privata di manutenzione e cercava di studiare per finire la Facoltà di Giurisprudenza, dov’era fuori corso da ormai un bel po’ di tempo. Nel frattempo coltivava la sua passione per la politica che lo aveva fatto diventare vicesegretario del circolo Pd di Tor Carbone. E’ stata anche questa la ragione della rottura con la fidanzata che, dopo un anno, ha messo fine a un rapporto«fin troppo normale». «Praticamente, non facevamo mai nulla. Mi parlava solo di politica».

Di notte la bestia che vive in lui si faceva avanti. Sceglieva metodicamente le zone dove agire indisturbato e selezionava con attenzione le sue prede. Avrebbe eseguito dei sopralluoghi prima di intrufolarsi nei garage dove le attendeva. Passamontagna sul volto, coltello e nastro adesivo in mano, Bianchini avrebbe così dato sfogo a un «impulso malefico e dannoso», come definisce lui stesso i raptus negli appunti ritrovati in casa dagli uomini della polizia.