“Quel prof è gay”: mamma condannata dalla Cassazione

di redazione Blitz
Pubblicato il 16 Agosto 2013 - 17:07 OLTRE 6 MESI FA
"Quel prof è gay": mamma condannata dalla Cassazione

“Quel prof è gay”: mamma condannata dalla Cassazione

ROMA – Lamentarsi di uno dei professori del proprio figlio con la preside e gli altri docenti dicendo che è un gay e che circolano voci in tal senso, fa scattare la condanna penale per diffamazione e quella al risarcimento dei danni morali patiti dal ‘prof’ del quale si cerca di colpire la reputazione, con l’attribuzione di una ‘etichetta’ sessuale, per vendicarsi dei richiami alla cattiva condotta del ragazzino.

Lo sottolinea la Cassazione – con la sentenza 35105 – che ha condannato una mamma di Cagliari, la signora Simona P. di 38 anni, a 800 euro di multa. La donna in una telefonata a una collaboratrice scolastica dell’istituto frequentato da suo figlio aveva detto che il ‘prof’ di inglese del ragazzino era un “gay”. In un’altra telefonata alla preside, inoltre, Simona P. aveva rincarato la dose dicendo che il docente era “pedofilo, gay e maleducato“.

Senza successo la mamma cagliaritana ha provato ad evitare la condanna sostenendo in Cassazione di aver agito così per “la ‘legittima difesa’ del proprio figlio minore verso il quale nutriva il timore che l’insegnante di inglese lo volesse abbracciare in quanto gay”. I supremi giudici non le hanno riconosciuto l’esimente, invocato dalla donna, di aver agito nell’interesse del figlio e dunque con un giustificato motivo, e hanno confermato il ‘no’ alla concessione delle attenuanti generiche così come già stabilito dal Tribunale di Cagliari con verdetto dell’aprile 2012 a convalida di quello del Giudice di pace del luglio 2011. Respinto anche il tentativo di Simona P. di non essere dichiarata colpevole per via del fatto – a suo dire – di aver solo riferito “voci” circolate sulle preferenze sessuali del ‘prof’ di inglese “in ambiente scolastico”.

Riportare simili “voci”, scrive la Cassazione, è un tipo di diffamazione “per nulla scriminata”. Anche la Procura della Suprema Corte, rappresentata dal sostituto procuratore generale Antonio Mura – lo stesso del processo Mediaset – aveva chiesto il rigetto del ricorso della donna che adesso dovrà risarcire il ‘prof’ che “con molta rabbia” ha diffamato in maniera “continuata”.