Racket elemosina sotto indagini. Non è carità, è pizzo

di Lucio Fero
Pubblicato il 13 Dicembre 2017 - 10:08 OLTRE 6 MESI FA
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Racket elemosina sotto indagini. Non è carità, è pizzo

ROMA – Racket elemosina. A Milano è sotto indagine quello di fatto messo in atto da “quelli col cappellino da baseball”. Si tratta di nigeriani che lavorano in maniera organizzata, tanto organizzata da far pensare appunto ad una struttura che distribuisce e controlla posti, postazioni, orari, turni. Organizzazione che, si suppone, raccolga i proventi dell’elemosina più o meno chiesta o imposta agli angoli delle strade, davanti ai negozi, ai bar, ristoranti, stazioni…Insomma un racket.

A Genova sono stati segnalati alla magistratura raccoglitori-caporali che a fine giornata passano a intascare quanto realizzato dai sottoposti chiedendo appunto elemosina. A Roma niente di ufficiale ma la pressione di quanti ad ogni passo esigono più che chiedere obolo è tanto massiccia che almeno un monitoraggio investigativo è partito.

A rafforzare, a rendere evidente che si tratta di racket in tutte le grandi e medie città è la rigida distribuzione dei posti di accattonaggio. Controllati e assegnati spesso per etnia, comunque sempre per gruppo organizzato e riconoscibile. Niente di casuale. E poi le modalità standardizzate della richiesta, perfino i cartelli con identico linguaggio-messaggio che cambia a rotazione come in una campagna marketing (l’ultima a Roma quella della spazzatura-pulizia delle strade, solo mimata peraltro).

Un racket che spesso disturba perché la richiesta di obolo è tutt’altro che discreta, anzi è asfissiante.

Un racket che talvolta di fatto taglieggia perché la richiesta di obolo talvolta diventa intimidatoria, soprattutto nei confronti di donne e anziani.

Un racket che inganna perché si traveste e camuffa di panni ce non sono suoi. Non è carità, è pizzo.

La manovalanza-manodopera impiegata per e dal racket dell’elemosina è spesso composta da migranti ospitati nelle strutture di accoglienza. E questo evidenzia due gravi storture. Un’accoglienza degna di questo nome dovrebbe impegnarli in corsi di formazione, a partire dai corsi di italiano. E comunque formazione al lavoro. Ma questi corsi non ci sono e comunque i manovali dell’elemosina si sottraggono e si formano per così dire all’accattonaggio. A questo vengono formati dai capi racket.

In secondo luogo in molti casi (non tutti) l’immediato e impellente bisogno che porta a chiedere elemosina non ci dovrebbe proprio essere: hanno vitto e alloggio e una minima quantità di denaro se sono migranti regolarmente registrati. Allora l’andar a presidiare città per chiedere obolo è ancora una volta pizzo e non carità.

Per la carità nei confronti dei migranti c’è spazio. Eccome se ce n’è, senza confonderlo con un aiuto ai racket organizzati. Ci sono organizzazioni cattoliche e laiche cui devolvere fondi. Ci sono migranti di fatto e de iure clandestini che davvero non hanno tetto e cibo. C’è un sacco di gente dalla pelle straniera giustamente da aiutare. Ma dare per scelta o per una sorta di intimidazione subita una moneta a quello che ogni mattina ti aspetta sotto casa è pagare un pizzo ad un racket.