I conti della Rai sono sempre più in rosso e l’azienda potrebbe essere costretta a vendere. Un deficit alla fine del 2012 di 600 milioni di euro, più del capitale sociale della Rai, 550 milioni. Il che significherebbe la fine dell’azienda, l’impossibilità di chiedere altri prestiti agli istituti di credito e quindi di pagare materialmente gli stipendi.
La previsione di deficit per il 2010, fissato in 116 milioni di euro, potrebbe lievitare a 120 se non a 130. Colpa delle difficoltà economiche, soprattutto di una raccolta pubblicitaria che stranamente non decolla. La Rai non ha mai avuto tanti ascolti come in questo periodo grazie a 13 canali, di cui 10 tematici: 44% di ascolti contro il 38% di Mediaset e l’8% attestato di Sky (primi dieci mesi 2010). Eppure la raccolta della pubblicità da parte della Sipra arranca: un avaro + 4% rispetto al disastroso 2009 che cozza contro il + 8% di Publitalia per una Mediaset che, invece, non cresce in ascolti. Per di più, e ancora peggio: l’ottobre è addirittura inspiegabilmente in calo rispetto all’ottobre dell’annus horribilis 2009.
I dirigenti premono sul direttore generale Mauro Masi perché metta mano al piano industriale e abbia la forza di spiegare ai sindacati che si aprirà una stagione dura e ben poco prodiga di soddisfazioni economiche. Non muoversi significherebbe raggiungere quei 600 milioni di euro. Infatti i quattro vicedirettori generali erano pronti a consegnare a Masi una lettera per sollecitare soluzioni immediate.
Tra le varie ipotesi per risanare il bilancio c’è quella immobiliare, ovvero accorpare l’intera Rai in un unico edificio. A Roma probabilmente a Saxa Rubra con la costruzione di una Saxa-2 con la conseguente vendita delle sedi storiche di viale Mazzini, via Teulada, via Asiago (aree pregiatissime nel quartiere Prati). A Torino vendita della storica sede di via Cernaia e accorpamento in corso Giambone. A Venezia vendita del meraviglioso palazzo Labia affrescato dal Tiepolo.