Riccardo Vincelli e Manuel tra playstation, droga e bar del paese. E ora si pentono

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Gennaio 2017 - 08:48 OLTRE 6 MESI FA
Riccardo Vincelli e Manuel tra playstation, droga e bar del paese. E ora si pentono

Riccardo Vincelli e Manuel tra playstation, droga e bar del paese. E ora si pentono (foto Ansa)

PONTELANGORINO – Riccardo Vincelli e il suo amico Manuel, che hanno confessato di aver ucciso i genitori del primo (Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni) sono descritti come due adolescenti come tanti, che passavano le loro giornate tra playstation, il bar del paese, qualche esperienza con le droghe. Ne parlano Giusi Fasano sul Corriere della Sera e Niccolò Zancan su La Stampa.

In particolare Zancan racconta le esperienze con le droghe descritte da alcuni amici (o conoscenti) dei ragazzi:

Questo amico degli assassini ha 17 anni, dà nome, cognome e numero di telefono: «R. aveva provato la coca. Lo ha raccontato qui davanti alla lavanderia. Gli era piaciuta molto. Si sentiva proprio bene, carico. Aveva tirato calci a una porta e sfondato una finestra a pugni. Mi ricordo che aveva detto di essersi sentito come un supereroe. Secondo me, per combinare quello che hanno fatto l’avevano presa entrambi. E poi so che fumavano anche le canne e l’oppio».

Questo è quello che ha detto un altro:

«Posso dire questo, con le fidanzate aveva sempre paura di essere rifiutato. Forse ne aveva avuta una. Non era molto sicuro di sé. La madre la odiava proprio. Diceva frasi tipo: Quella t… di mia madre! Quella p…! Voleva essere lasciato in pace, non andare a scuola. Mentre la madre insisteva perché frequentasse l’istituto tecnico, per prendere il diploma. Chiedeva cose normali, la madre di R. era uguale a mia madre».

Eppure dopo il delitto, ci sarebbe stato il pentimento. Forse anche una presa di contatto con la realtà e le sue conseguenze. Nelle parole dei loro avvocati, che li hanno assistiti negli interrogatori formali, i due giovanissimi killer sono entrambi “sconvolti”. Il figlio 16enne di Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni e l’amico 17enne che per mille euro ha ucciso i coniugi di Pontelangorino di Codigoro (Ferrara) a colpi di scure, hanno confermato le confessioni rilasciate quando erano semplici testimoni e attendono per domani, dopo l’udienza di convalida al tribunale per i minorenni di Bologna, di sapere quale sarà il loro destino.

Quando si presenteranno di fronte al giudice avranno passato due notti al centro di prima accoglienza dell’istituto penale minorile del Pratello, una sorta di luogo filtro dove finiscono i minori appena arrestati. Lì non avrebbero avuto contatti se non con i loro legali, nominati d’ufficio, e con il personale del centro, impiegati ed educatori che seguono la prima presa in carico da parte del sistema della giustizia per chi non ha ancora 18 anni.

Mentre le indagini dei Carabinieri proseguono per ricostruire i dettagli del contesto in cui è maturato il duplice omicidio, aggravato dalla premeditazione, il movente che ha portato due giovani a compiere un gesto così brutale non è ancora del tutto chiarito. Certamente ha inciso la questione del rendimento scolastico del figlio della coppia. Una telefonata del padre alla presidenza dell’Iti di Codigoro dove l’adolescente studiava con scarsi risultati sarebbe stata forse l’ultima goccia del montante risentimento verso i genitori. Contrasti continui, che avevano portato il ragazzo a trasferirsi fisicamente in una ‘dependance’ esterna alla villetta, per sottrarsi ad un rapporto che lo stressava.

Ma, come dice l’avvocato Gloria Bacca, che lo difende, “non è stato solo per un brutto voto”. Per il legale, “il motivo è molto più complesso”, e riguarda “problemi adolescenziali non trattati con i dovuti modi, da parte di entrambi. Sia dai genitori, che da lui stesso e anche da parte della società”. Il suo giovane assistito, dice apparendo provata anche lei da quanto emerso durante l’interrogatorio, “è una persona che ha bisogno di una grossa mano”.

Intanto, su come prevenire fatti del genere e sulla possibilità di un riscatto per chi li commette, monta il dibattito. Per l’arcivescovo di Ferrara monsignor Luigi Negri “non è più tempo per trascurare la nostra responsabilità educativa, non possiamo lasciare che i giovani crescano senza nessuna regola, senza nessun ideale, convivendo con i genitori esclusivamente sulla base di interessi e di problemi materiali”. Non fa sconti il leader della Lega Nord Matteo Salvini: “Quei due devono pagare a vita per quello che hanno fatto, non mi interessa che siano minorenni, non possono essere recuperati”.