Roma, case del Campidoglio affittate a 8 euro al mese

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Giugno 2015 - 09:32 OLTRE 6 MESI FA
Roma, case del Campidoglio affittate a 8 al mese

Il Campidoglio

ROMA – Appartamenti in pieno centro storico a Roma affittati a poche decine di euro al mese, a volte persino a meno di dieci euro. Sono gli appartamenti del Campidoglio, 24.525 immobili, per l’esattezza, di proprietà del Comune che vengono affittati per un terzo a 7 euro e 75 centesimi al mese. Gli altri a poche centinaia di euro. Prezzi assolutamente non di mercato in una città come Roma, in cui il canone mensile per un monolocale di 30 metri quadrati in una zona del centro arriva tranquillamente a mille euro.  

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera riportano la denuncia fatta dal signor Gianpaolo Cuccari, un cittadino romano che un giorno ha battuto a tappeto il database di 24.525 appartamenti di proprietà del Comune, scoprendo che 7.066 di queste case, cioè quasi un terzo, sono affittate a 7 euro e 75 centesimi al mese. Mentre le case spesso di prestigio che sono affittate dal Campidoglio a più di mille euro al mese sono in tutto 16, ovvero lo 0,06 per cento, e le case affittate a meno di 300 euro sono il 95,1%.

Il signor Cuccari ha denunciato il fatto alla Procura della Repubblica e alla Corte dei conti. Ma la risposta pare chiara: i canoni di affitto non sono stati aggiornati. E in molti casi le persone che vivono in quelle case non sono le stesse persone a cui quelle case sono state assegnate, ovvero pensionati in difficoltà o famiglie indigenti.

Scrivono Stella e Rizzo:

“Le denunce dei mesi scorsi da parte dell’opposizione che in consiglio comunale fa capo ad Alfio Marchini, del resto, hanno documentato casi assurdi. Ad esempio l’appartamento di 70 metri quadrati in via dei Cappellari, a Campo de’ Fiori, affittato a 222 euro. O la casa di 122 metri quadri in via Labicana, vicino al Colosseo: 174. O il monolocale in piazza Navona: 22. O la sede Pd di via dei Giubbonari, dietro il ministero della Giustizia: 200. Per non dire di alcuni sbalorditivi affitti commerciali, come quello di un bar in via dei Campi sportivi, oltre Villa Glori, che sborsa 26 euro mensili: ottantasei centesimi al giorno! O di un ristorante in via Appia Antica: 258 euro al mese. Cioè 8 al giorno: il costo di un contorno, patate o cicoria.

(…) Quei 24.525 appartamenti di cui parlavamo all’inizio non sono nemmeno l’intero patrimonio capitolino. Per arrivare alla cifra ufficiale degli immobili comunali di edilizia residenziale contenuta nell’esposto di Cuccari, ovvero 42.455, occorre aggiungerne 17.930. Dei quali, scrive il segugio ai giudici, nulla si sa.

 

Sappiamo però che dal suo sterminato patrimonio immobiliare, nel quale ci sono appunto anche molti alloggi esclusivi in pieno centro storico non assegnati a indigenti, il Comune ha ricavato nel 2013 circa 27,1 milioni di euro. Media ad appartamento: 52 euro al mese. Una miseria. Ancora più indecente in confronto a quanto è stato speso nel 2014 per la gestione e le manutenzioni di ogni proprietà: 138,9. Quasi il triplo.

(…) Anche Ignazio Marino, nel settembre 2014, ha detto di voler «avviare le attività propedeutiche» (testuale) per adeguare i canoni. E anche stavolta le buone intenzioni, che non mettiamo in dubbio, sono rimaste lì, appese come caciocavalli al trave. Per mesi. Finché a febbraio la Romeo gestioni, che aveva ricevuto l’incarico di studiare la cosa, ha lamentato per iscritto di non aver mai avuto dal Comune il via libera per chiedere gli aumenti agli inquilini…

Mentre affitta gli immobili propri a prezzi stracciati, il Campidoglio paga a peso d’oro quelli altrui. Siccome evidentemente non bastano le case popolari, ha preso in affitto da costruttori ed eredi 4.801 appartamenti nelle aree periferiche per 21 milioni annui. Canone medio mensile: 364 euro, sette volte di più di quanto incassa dai suoi. Poi c’è l’emergenza abitativa: altri 42 milioni accompagnati da un fetore fastidioso, come dicono le inchieste su Mafia Capitale. Anzi, è forse l’affare più succulento: per alcuni immobili i canoni pagati dalle casse capitoline sfiorano i 2.700 euro mensili. E l’emergenza dura da anni. Se non decenni. Di nuovo la stessa domanda: chi controlla? Nessuno, è evidente, ha mai controllato davvero. Perché appena il Comune ha cominciato finalmente a fare le verifiche è saltato fuori di tutto. Su un campione di 96 famiglie assegnatarie di quelli alloggi messi a carico dei cittadini per l’emergenza abitativa 39 non ne avevano alcun diritto. Quattro su dieci. Ma votano…
La (cattiva) politica, qui, fornisce la spiegazione a ogni cosa. Dietro ogni apparente sciatteria o apparente scivolone della burocrazia c’è sempre la (cattiva) politica. È un gioco delle parti, fra certi (cattivi) funzionari dell’amministrazione e i partiti. Ognuno ha il proprio tornaconto. Si spiega così come mai i controlli, a Roma, siano un buco nero che inghiottisce tutto. E per cambiare le cose non bastano gli annunci né la semplice buona volontà. Serve fare le cose più semplici. Però farle davvero .

Vi pare possibile che una signora con 1.048 (millequarantotto!) appartamenti affittati al Comune di Roma, Angiola Armellini, erede dell’impero del re dei palazzinari Renato, non paghi allo stesso Comune le tasse sulla casa? E vi pare possibile che possa chiudere una pendenza come questa, nell’estate del 2014, grazie a un accordo con l’Agenzia delle Entrate che prevedeva 37 milioni di multa più 10 al Comune di Roma? Briciole, in confronto ai due miliardi di euro volati in Lussemburgo. Briciole. Mentre i canoni pagati dal Campidoglio continuavano a correre…

(…) Nel librone inviato alla Corte dei conti c’è per esempio l’autorizzazione al pagamento di circa un milione e mezzo per sei mesi di pigione di un immobile affittato al Comune di Roma dalla Farvem Real Esate, società controllata al 50% da Massimo Ferrero, detto «Viperetta», il proprietario d’una catena di sale cinematografiche e presidente della Sampdoria, e da sua moglie Laura Simi. E il pagamento di 1,2 milioni all’immobiliarista Sergio Scarpellini per un trimestre di affitto dell’immobile in via delle Vergini dove stanno alcuni uffici del consiglio comunale. E la delibera relativa a un versamento di 274 mila euro alla società «il Tiglio» che fa capo all’immobiliarista Domenico Bonifaci per l’affitto di un ufficio in via Flaminia. Ufficio al centro di una storia curiosa. L’immobile era infatti di proprietà di una società comunale, «Risorse per Roma», che lo vendette il 28 dicembre 2007 (mentre il Campidoglio era commissariato) a una società costituita un mese prima da Bonifaci. Il quale lo riaffittò prontamente al Comune, ripagandosi il mutuo con il canone. Un capolavoro… A spese dei cittadini .

Ma il record delle «determine» più contestate spetta, e forse non poteva essere diversamente dopo quanto si è letto nelle cronache, al dipartimento politiche sociali. Per capirci, la struttura comunale interfaccia delle cooperative. Gli atti impugnati sono 58 su 222. Fra questi le proroghe dei finanziamenti alla «Eriches 29» di Buzzi, l’uomo simbolo di Mafia Capitale insieme a Massimo Carminati, e all’altra cooperativa «Domus Caritas», per l’assistenza alle famiglie in «emergenza abitativa». Motivo dei rilievi? Quei nuclei familiari non avevano diritto ai benefici, tanto da risultare destinatari di provvedimenti di sgombero. Si tratta di tre delibere per un totale di 600 mila euro, adottate fra la fine di luglio e la fine di novembre 2014. Ma Enrico Lamanna e Vito Tatò, i due ispettori della Ragioneria generale dello Stato spediti dal ministero dell’Economia a fare le pulci ai conti della Capitale in previsione del decreto «salva Roma», l’avevano già messo nero su bianco molto ma molto tempo prima. Nel rapporto inviato al Comune di Roma il 16 gennaio 2014 denunciavano infatti che le continue proroghe alle società citate, e per importi superiori alle soglie oltre cui per legge si devono bandire le gare, erano assolutamente illegittime.

Nero su bianco: «Gli enti pubblici possono stipulare convenzioni con le cooperative sociali per la fornitura di beni e servizi, diversi da quelli soci sanitari ed educativi, in deroga alle procedure, purché detti affidamenti siano di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria. Nel caso in questione tale soglia è stata abbondantemente superata». Di più: «La proroga d’un affidamento è espressamente vietata dall’art. 23 della Legge n. 62/2005…». Più chiaro di così… Non per gli uffici comunali, però. Sordi, ciechi. Muti. Fino allo scoppio dello scandalo Mafia Capitale.

Micidiale, la relazione degli ispettori. Non si limitava a sottolineare l’illegittimità delle proroghe alle cooperative che sarebbero state coinvolte un anno dopo nelle inchieste. Metteva anche il dito nella piaga delle municipalizzate e di tante altre storture. (…).

Eppure, quella relazione è stata di fatto, fino allo scoppio di Mafia Capitale, completamente ignorata. Solo «dopo», ad esempio, è stata istituita una struttura interna con il compito di rafforzare i controlli così come era previsto un anno e mezzo prima (un anno e mezzo!) da un decreto Monti. E solo un paio di mesi fa il pacco delle «determine» messe sotto esame, comprese quelle su Buzzi, è arrivato finalmente alla Corte dei conti: e c’è da domandarsi se non abbiano contribuito a questo le punzecchiature del rompiscatole di turno, il consigliere radicale Riccardo Magi, che per mesi ha tempestato di lettere e richieste gli uffici. A proposito, e quelle 222 «determine» finite nel mirino? Ne sono state annullate due e revocate sei. Dei dirigenti che le avevano firmate, non ne è stato sanzionato uno”.