Roma, 75 clan per gestire spaccio, usura ed estorsioni: siciliani, calabresi, napoletani e rom

di redazione Blitz
Pubblicato il 13 Novembre 2017 - 11:49 OLTRE 6 MESI FA
Roma-clan-mafia

Una Rolls Royce al funerale di Vittorio Casamonica (Foto Ansa)

ROMA – Clan rivali da tutta Italia e non solo: siciliani, calabresi, campani e rom. Sono loro che si spartiscono i traffici illeciti a Roma, dallo spaccio di droga all’usura. In tutto, secondo quanto scrive La Stampa, sarebbero 75 i gruppi criminali che spadroneggiano nella Capitale.

Nemmeno la movida sfugge al loro controllo. “Voi con ’sta movida avete rotto. La gente fa rumore, così in piazza passano di continuo i carabinieri e i miei non possono più lavorare”, avrebbe detto Salvatore Casamonica al titolare di un pub che gli rovinava il giro di affari (leggasi spaccio di droga) in zona Tuscolana. E così il titolare del pub sarebbe stato costretto a pagare 500 euro a settimana per il “disturbo”.

L’episodio riportato da Francesco Grignetti su La Stampa risale al 2015, ai tempi del discusso, sfarzoso funerale del capostipite dei Casamonica, Vittorio.

Come ha spiegato il procuratore Giuseppe Pignatone,

“non si può certo affermare che Roma sia una città mafiosa nel senso in cui lo sono molte città del Sud, dove un’unica organizzazione esercita il controllo quasi militare del territorio. Ma è sicuramente un errore anche più grave negare l’esistenza di significative presenze mafiose, anche autoctone, e la necessità di contrastarle”.

E le presenze sono di ogni tipo: siciliani, calabresi, napoletani. Come i Moccia di Afragola, che, scrive Grignetti,

quandodecidono di piazzare a Roma i loro prodotti caseari, si spalancano loro le porte di tanti ristoranti già nelle mani della camorra, ma anche della Conad. Il metodo di imporsi sul mercato si scopre da un’intercettazione: “Lui quando dice il cognome suo, si sa che è, chi sono, chi non sono… si mettono sugli attenti e lui… basta che fa il cognome, giusto no?”.

Uno dei capi sarebbe Michele Senese, condannato dalla Corte di Cassazione a 30 anni per l’omicidio di uno degli ultimi boss della Banda della Magliana. A Roma controllerebbe tutta la zona Tuscolana insieme all’alleato Domenico Pagnozzi detto “Mimì ‘o professore”.

La loro organizzazione avrebbe basi operative nel rione Monti, ma opererebbe in mezza città, in particolare in periferia, tra Centocelle, Tuscolana, Quadraro, gestendo spaccio di droga, usura ed estorsione.

 

Scrive La Stampa: 

Quanto fossero cattivi questi napoletani, se ne sono accorti per primi proprio i Casamonica, il clan di zingari che si è insediato tra Cinecittà, Tor Bella Monaca e la Romanina. Per una partita di droga non pagata, stava per finire malissimo. Poi però Pagnozzi e i suoi finiscono in carcere e il gruppo di zingari prende ad espandersi. E con loro altri due clan rom, i Di Silvio, «padroni» di Ciampino, e gli Spada, all’onore delle cronache di Ostia.

Ma la storia noir di Roma è una continua altalena di equilibri. A Ostia, per dire, i siciliani Triassi, imparentati con i Cuntrera-Caruana (…)  entrarono in conflitto con i Fasciani. Vito Triassi viene gambizzato una prima volta nel 2006. Una seconda, l’anno dopo. Infine è incendiata l’autovettura del genero. Uno sgarbo terribile. Prima che si scateni la guerra, interviene Senese e grazie al suo carisma criminale viene stipulata una pax mafiosa che sul litorale regge da 10 anni.