Roma, davanti a Csm, palazzo occupato da 400 africani, ma…

a cura di Sergio Carli
Pubblicato il 16 Novembre 2015 - 10:41 OLTRE 6 MESI FA
Nel palazzo occupato in piazza Indipendenza a Roma, parla Adhanam (dal video di Marco Palombi per Repubblica.it)

Nel palazzo occupato in piazza Indipendenza a Roma, parla Adhanam (dal video di Marco Palombi per Repubblica.it)

ROMA – C’è un palazzo, a Roma, in pieno centro, proprio davanti alla sede del Consiglio Superiore della Magistratura, proprio dietro l’angolo dalla caserma dei Carabinieri, davanti alla sede del Corriere dello Sport, ad angolo retto con quella del Sole 24 Ore, c’è un palazzo ex sede della Federconsorzi, che vale parecchi milioni di euro, che da 2 anni è occupato da un gruppo, si dice 400, di abusivi di origine africana, Eritrea e Etiopia. Nella totale incuria del Governo italiano nei confronti dei profughi, si sono arrangiati da soli, aiutati da organizzazioni di sostegno italiani e, contando sulla totale incuria italiana per il rispetto delle leggi, in un senso e nell’altro, resistono.

Chi ci sia o non ci sia difficile dirlo, non risulta che una qualche autorità costituita si sia presentata alla porta per identificare i presenti, che vivono, a quanto pare, in piena autogestione, con dignità e orgoglio. Resta da vedere se il modo di vedere l’Italia che hanno questi rifugiati coincida con gli interessi dell’Italia. Erano problemi loro ma gli attentati Isis a Parigi di venerdì 13 novembre 2015 cambiano le prospettive.

Dietro l’occupazione di Piazza Indipendenza si vede una organizzazione efficiente, italiana e questo apre scenari che un po’ dovrebbero allarmare, anche per le parole dette, i concetti espressi, le idee sottintese.

Il 3 giugno 2014 Vladimiro Polchi di Repubblica aveva pubblicato un articolo sul palazzo occupato della ex Federconsorzi. Un racconto equilibrato, imbarazzato per la insensibilità italiana, ammirato per l’autogestione degli africani. In mezzo la legge. Se sei un cittadino normale, che lavora e paga le tasse devi stare bene attento a quello che fai, il carcere ti aspetta. Ma se sei un disperato o anche solo hai coperture politiche di un certo tipo, la legge diventa un optional.

Il caso del palazzo ex Federconsorzi è stato rilanciato da  Roma Report. Sotto il titolo

“Il palazzo sequestrato di Piazza “Indifferenza””

un articolo che non può non impressionare:

Ad Hanover Square non accadrebbe. E nemmeno ad Alexanderplatz, alla Défense o a Praca do Comércio. Succede nel centro della capitale d’Italia, a Roma. […]

A piazza Indipendenza, fra la stazione Termini e la Biblioteca nazionale, […] in una posizione strategica per sintetizzare, è stato occupato da due anni un immobile privato, ex palazzo della Federconsorzi, di valore architettonico e in parte vincolato dalla Soprintendenza, che stava per diventare un volano economico e occupazionale. Già, stava per essere riqualificato con l’obiettivo di offrire dimora a centinaia di nuovi uffici e a sedi direzionali di aziende italiane e compagnie internazionali, dando vita a migliaia di nuovi posti di lavoro, se consideriamo anche l’indotto. Tutto questo al centro di Roma, in un momento di crisi, in cui non si muove una foglia e in cui assistiamo a uno stillicidio di fallimenti delle piccole e medie imprese. Tutto questo nel silenzio totale delle istituzioni. Da due anni.

Il 12 ottobre del 2013, infatti, un gruppo di immigrati di origine africana, con la supervisione e il coordinamento dei professionisti delle occupazioni abusive, riuscì, grazie a un’azione di forza, a mettere in fuga la vigilanza armata che presidiava l’immobile. Da quel giorno divenne la loro nuova, immensa, casa. […]

Da due anni, nulla più si sa in merito alle condizioni interne. L’edificio, di proprietà del fondo Omega e gestito dalla IdeaFimit sgr, è affittato alla società Sea. Al momento dell’occupazione abusiva stava per essere oggetto di una riqualificazione generale, che avrebbe generato tanta, nuova, occupazione. Lavoro. Nei più svariati settori. A Roma. Dove non esisterebbero gli anticorpi. Dove le imprese falliscono. Ma poi è accaduto quel che è accaduto. Come mai? Dovrebbero spiegarlo le autorità preposte.

Da quella fatidica irruzione del 12 ottobre sono scattate le denunce e le segnalazioni. La prima, il 17, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. E poi alla Questura, al Campidoglio, al Municipio, alla Asl Roma A, all’Agenzia regionale protezione ambientale, ai Vigili del fuoco, Un appello è stato lanciato al ministro dell’Interno.

Nulla è accaduto, se non che i “nuovi residenti” […] hanno installato delle parabole all’ultimo piano per vedere meglio la tv.

Chi possa entrare e pernottare nel palazzo, lo stabiliscono solo loro. L’edificio costituisce un’area esente da controllo nel centro della capitale, in posizione strategica, come detto, e tutto questo alle porte del Giubileo, quando si parla tanto di sicurezza.

“È una situazione paradossale, in questo caso il diritto sembra funzionare al contrario. La proprietà e il fare impresa non sono tutelati. Siamo disperati. Nessuno ci ascolta”, ha dichiarato Annalisa Bianchi, portavoce della Sea.

Per la cronaca, le bollette degli occupanti costano circa 45mila euro a bimestre. Indovinate chi le paga?

Di tono differente, certo molto giustificativo, l’articolo di Vladimiro Polchi. Da un certo punto di vista si può dire che ha ragione. Si tratta solo di capire se tutti possano supplire autonomamente alle carenze organizzative pubbliche, o solo alcuni:

“Occupato nel settembre 2013, [il palazzo] dà rifugio a 400 eritrei ed etiopi e 22 bambini. Tutti rifugiati. Tutti disoccupati, tranne una ventina che hanno un lavoro. Repubblica già c’era entrata a inizio anno, ora ci siamo tornati con le telecamere. Senza appuntamento, senza avvertire, ci siamo presentati alla porta, ci hanno fatto entrare, ci hanno raccontato.

“Via Curtatone è una delle quattro grandi occupazioni di rifugiati a Roma – spiega Alberto Barbieri, coordinatore di Medici per i diritti umani – assieme al Collatino, Ponte Mammolo e Salam Palace di Tor Vergata. Spazi autogestiti, chiusi, simbolo del fallimento del sistema d’accoglienza del nostro Paese”. Situazioni che potrebbero peggiorare alla luce delle nuove norme del cosiddetto “decreto casa”: “Chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza”. Un testo che rischia di complicare ancor più la vita di migliaia di rifugiati “occupanti”.

Emblematico della complessa situazione e anche delle colpe dell’Italia è il caso Adhanam, membro del comitato che coordina gli occupanti. La sua amara conclusione è:

“L’Italia non è un Paese per rifugiati”.

Lo sapevamo da tanto tempo, dai grandi terremoti alla migrazione da Sud a Nord nel dopoguerra. Ha riguardato gli italiani, perché gli stranieri no?

La storia di Adhanam.

Fuggito dall’Eritrea a piedi, in Sudan ha pagato mille dollari ai trafficanti d’uomini per arrivare in Libia. “Lì ci hanno trattati come scimmie. Ci hanno rinchiuso in un furgone. Ci hanno chiesto altri mille dollari per imbarcarci per la Sicilia”. Una volta arrivati in Italia, “siamo stati abbandonati”. Adhanam parla in inglese, si indigna, rivendica diritti: “Qui siamo tutti in regola coi documenti, rifugiati e richiedenti asilo. Molti di noi sono laureati. Nessuno è scappato per motivi economici, ma solo per la libertà e per poter sopravvivere in pace”. L’occupazione all’inizio doveva essere solo dimostrativa. “Occupare un simbolo al centro di Roma per dire “esistiamo!” e chiedere il rispetto dei nostri diritti. Molti di noi venivano dal Cara di Castelnuovo di Porto, altri vivevano da homeless a Ponte Mammolo. La risposta? Nessuna. Molti giornalisti hanno bussato alla nostra porta, nessun uomo delle istituzioni”.

Quello che stupisce del “grande palazzo” è la normalità nell’emergenza. Immaginate sporcizia, urla, puzza? Sbagliato. Per essere un vecchio palazzone abbandonato, ora sovraffollato, qui tutto è abbastanza in ordine, abbastanza pulito. Ma soprattutto c’è un grande silenzio, neppure i bambini fanno rumore. “Ci siamo dati delle regole – spiega la nostra guida – non sono ammessi alcol, fumo, urla. Non dobbiamo dare fastidio a chi vive o lavora qui vicino. Nessuna associazione ci aiuta, andiamo alle mense della Caritas o del centro Astalli. Qualche ristorante a fine giornata ci regala il pane che avanza”. L’elettricità c’è quasi ovunque, le tv sono accese, l’ascensore e i condizionatori sono rotti. L’acqua c’è, ma la pompa non è potente abbastanza e non arriva a servire gli ultimi piani”.

Si torna alla domanda di Roma Report: ma la bolletta chi la paga? A seguire il video di Repubblica.it: