Roma. Droga, Nar, Magliana: giornalista Lirio Abbate speronato con la scorta

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Novembre 2014 - 09:39 OLTRE 6 MESI FA
Roma. Droga, Nar, Magliana: giornalista Lirio Abbate speronato con la scorta

Lirio Abbate

ROMA – “Non è Palermo, ma le somiglia molto”, esordisce Carlo Bonini nella sua ricostruzione dei 10 minuti di paura vissuta dal giornalista dell’Espresso Lirio Abbate nella tarda serata di martedì 11 novembre 2014, a Roma, fra la sede del settimanale l’Espresso sulla Colombo e corso Vittorio Emanuele, 6 chilometri fra inizio e fine del dramma:

“Due macchine che si speronano nel buio nel pieno centro di Roma. Un uomo che corre tra [i pochi] passanti terrorizzati e si dilegua. Un altro, immobilizzato sull’asfalto con una pistola alla nuca, mentre chi gli piega il braccio dietro la schiena per ammanettarlo grida “Polizia!”. Un giornalista che guarda e sente sulla pelle cosa significhi essere preda”.

Dopo l’inizio in stile Don De Lillo, Carlo Bonini si interroga sul perché e su chi siano i mandanti:

“Forse quella Cosa Nostra che costrinse Lirio Abbate a lasciare Palermo e lo condanna da anni a una vita sotto scorta? O magari e più verosimilmente un’altra mafia? Che non parla il dialetto dello Zen, ma ha l’accento greve delle piazze di spaccio di Roma e dei suoi padroni: pezzi di criminalità organizzata ed ex Nar riconvertiti dalla violenza politica degli anni ‘70 al grande gioco della cocaina e del riciclaggio, di cui Abbate si è messo a scrivere da tempo“.

Carlo Bonini inizia così la sua ricostruzione:

“Martedì sera, dopo le 22, Lirio Abbate lascia l’edificio che ospita la redazione dell’ Espresso e di Repubblica in via Cristoforo Colombo, a Roma, accompagnato dalla scorta. Tre uomini su una berlina. Qualcuno si mette a seguirli, accorciando progressivamente la distanza, fin quasi a tallonarli. Una Renault Clio, che suscita prima la curiosità e poi l’allarme della scorta.

All’altezza del Lungotevere dei Tebaldi, dove il fiume incrocia ponte Mazzini, la scorta decide una manovra di ingaggio. L’auto su cui viaggia Abbate, fa una brusca frenata. La Clio la sperona. Gli agenti della scorta fanno per scendere, ma la Renault, dopo una rapida marcia indietro, scarta a tutta velocità sulla destra lanciandosi impazzita verso il semaforo che incrocia corso Vittorio Emanuele, dove viene però chiusa dal traffico. Uno degli agenti della scorta di Abbate, arma in pugno, gridando “Polizia!”, salta sul cofano di un’auto incolonnata al semaforo e si avventa sul lato di guida della Clio. L’autista, viene scaraventato sull’asfalto, mentre l’uomo che gli è accanto riesce a fuggire. Nel farlo, perde i documenti”.

Prosegue Carlo Bonini

“L’uomo alla guida della Clio viene portato in Questura. Ha vent’anni, vive in periferia e il suo certificato penale è immacolato. Non un precedente, non una segnalazione di alcun genere negli archivi di polizia. L’uomo che era con lui e che è fuggito, è uno “straniero”. Per tutta la notte, il ragazzo rifiuta di rispondere anche solo a una delle tante domande che gli rivolgono i poliziotti della squadra mobile. Si finge sbandato, ma non lo è. Così come risulta negativo all’alcool test. […] All’alba viene rilasciato”.

L’inseguimento di martedì sera ha un precedente, finora tenuto riservato:

Una mattina di metà settembre, in corrispondenza del passo carraio della redazione dell’ Espresso, un parcheggiatore segnala alla scorta di Abbate una macchina regolarmente in sosta nelle strisce blu, ma con i finestrini semi-aperti. Non espone il talloncino del parcheggio ed è lì dall’alba.

Un controllo al terminale di polizia segnala che l’auto è stata rubata la sera prima a qualche chilometro di distanza. Arrivano artificieri e scientifica. L’abitacolo viene aperto e, sul sedile di guida, vengono recuperati un proiettile di grosso calibro e un biglietto che indica che il “regalo” è per Abbate.

La fretta dell’intervento impedisce di ritrovare sulla macchina impronte digitali utili. Ma i file delle telecamere di sorveglianza della redazione del Gruppo Espresso puntate sulla strada mostrano come, nel cuore della notte, due uomini abbiano parcheggiato con attenzione la macchina. Due uomini. Come martedì sera. E in una significativa coincidenza temporale. Ventiquattro ore prima, l’ Espresso pubblicava a firma Abbate un servizio sui “ Fasciomafiosi a Roma ”.

I suoi nuovi nemici, evidentemente. Quelli che hanno deciso di fargli sentire l’odore della paura. Come a Palermo. Peggio che a Palermo.