Roma. Alemanno, soldi tangenti in Argentina? “Millanterie”. Pm: “Riscontri no”

Pubblicato il 8 Dicembre 2014 - 10:08 OLTRE 6 MESI FA
Roma. Gianni Alemanno, soldi tangenti in Argentina dalla sala Vip con 4 valigie?

Gianni Alemanno giovane post fascista. Ne è passato del tempo…

ROMA – Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, avrebbe portato valigie piene di banconote in Argentina. Sarebbero la sua parte delle tangenti incassate dal gruppo raccolto attorno a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.

Alemanno dice “millanterie” e smentisce, i pm fanno dire dall’Ansa che “non ci sono riscontri”. Quindi per ora tutto quel che si sa lo si sa da una chiacchera, a guardia abbassata, tra alcuni del giro.

Le righe dell’Ansa attribuite a “fonti della Procura di Roma” bastano a   Gianni Alemanno per tagliare la pianta dei sospetti e affermare che la Procura di Roma ha confermato che

“la notizia dei miei viaggi in Argentina per portare soldi è totalmente e manifestamente infondata”.

Vale notare una sottigliezza: si tratta di una notizia ispirata e certo non inventata ma nemmeno attribuita a un comunicato ufficiale, cosa che ci si sarebbe aspettati visto che la “millanteria” (che in italiano vuole dire altra cosa, ma pazienza) sui soldi in Argentina non è parto dei cronisti ma è scritta nelle carte a giustificazione degli arresti rese di pubblico dominio dalla magistratura.

Per i soldi delle tangenti della “cupola” la scelta sarebbe stata quella della Svizzera, più sicura di una Argentina a continuo rischio di défault finanziario. È la pista del denaro che ora seguono gli investigatori, alla ricerca di nuovi riscontri a sostegno della tesi d’accusa.

La notizia è frutto di uno scambio di battute fra tre personaggi a conoscenza delle segrete cose, intercettati dai carabinieri, ed è affiorata dalle carte dell’inchiesta che i carabinieri del Ros e la Procura della Repubblica di Roma stanno conducendo su uno spicchio del malaffare che ammorba la politica a Roma e in Italia e si traduce un un continuo salasso di tasse per i cittadini comuni.

Gianni Alemanno ha subito reagito, dicendo che non è vero, che in Argentina c’è stato, ma solo una volta, a Capodanno 2012, con famiglia e amici.

Nella mattina di domenica 8 dicembre l’agenzia Ansa ha diffuso questa notizia:

“Non ci sono riscontri di trasferimenti di soldi da parte di Gianni Alemanno all’estero”. Così fonti della Procura di Roma riguardo a intercettazioni di Luca Odevaine, arrestato nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, nelle quali parla dell’ex sindaco circa “quattro viaggi in Argentina con valigie piene di contanti””.

La dichiarazione, non ufficialissima ma abbastanza ufficiale, è sibillina, non si può negare quello che è scritto, non si può passare per verità, nel caso di un leader politico del peso di Gianni Alemanno, uno scambio di battute. Che parole sul viaggio in Argentina con i soldi siano state dette è un fatto oggettivo, risulta dai verbali. Che questo basti a conclamare la verità no. Procura della Repubblica e carabinieri indagano e, almeno per il momento, non hanno trovato “riscontri”

Ma a leggere la cronaca di Valentina Errante sul Messaggero il quadro è inquietante:

“Quattro viaggi, con le valigie piene di soldi. Destinazione Buenos Aires, passando dalla saletta vip. Almeno secondo le intercettazioni agli atti dell’inchiesta sul ”Mondo di mezzo. Le indagini sulla possibile esportazione di valuta da parte dell’ex sindaco Gianni Alemanno, sono in corso. È sui soldi che si concentra l’attività di controllo del procuratore aggiunto Michele Prestipino, dei pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli e sul contante che i colletti bianchi della holding criminale avrebbero portato a Lugano”.

Conferma Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:

“Il percorso dei soldi porta in Sudamerica, ma anche a una fiduciaria di Lugano dove gli «spalloni» dell’organizzazione – capeggiata dall’ex estremista dei Nar Massimo Carminati e dall’imprenditore Salvatore Buzzi – avrebbero trasferito i soldi delle tangenti versate ai politici.

La conversazione intercettata si svolge il 13 gennaio scorso. Protagonisti del dialogo, riferisce Antonio Massari sul Fatto, sono Luca Odevaine, uomo forte della giunta guidata da Walter Veltroni nel settore immigrazione e componente del tavolo per i rifugiati, Mario Schina, consigliere della cooperativa “Il percorso”, che si occupa di campi rom, e Sandro Coltellacci, ex responsabile del Decoro urbano del Comune di Roma e collaboratore di Salvatore Buzzi, patron della cooperativa 29 giugno e delle cooperative rosse in affari con Massimo Carminati. Il racconto, desunto dai verbali, è più o meno identico. Segue una sintesi:

“È Coltellacci a toccare il tema più caldo della conversazione, parlando di un soggetto che, in passato, ha avuto dei problemi con Alemanno e che avrebbe “spallonato” dei soldi all’estero.

“Abita qua … dentro a ‘sto palazzo …”, dice Odevaine, “che fijo de ’na mignotta … ha litigato con Alemanno … per soldi se so’ scannati … ma sai che Alemanno si è portato via… ha fatto … quattro viaggi … lui ed il figlio con le valigie piene de soldi in Argentina … se so’ portati … con le valigie piene de contanti … ma te sembra normale … che un sindaco …”.
Schina pone un interrogativo: “E nessuno l’ha controllato?”. “No”, risponde Odevaine, “ è passato al varco riservato … iun attore per me …”. “Io invece”, continua Odevaine, “pensavo che… se li portava via tutti lui …”. “Sembrava sembrava … che il sindaco non toccasse …”, replica Schina, “invece ‘a toccati…”.

“Però che il sindaco..due..tre Panzironi 10, penso che gli equilibri erano quelli”.

Finora, precisa Valentina Errrante,  il Ros ha verificato un solo viaggio di Alemanno in Argentina, avvenuto in occasione del Capodanno 2012 e questo coincide con la smentita di Alemanno:

“Si tratta di una millanteria totalmente infondata. Non ho portato mai soldi all’estero tantomeno in Argentina. Io sono l’unico sindaco di Roma che al termine del suo mandato è più povero di quando ha cominciato perché ho dovuto vendere una casa e aprire un mutuo per pagare i debiti della campagna elettorale. Per quanto riguarda il viaggio in Argentina ci sono stato per pochi giorni con la mia famiglia e un folto gruppo di amici, a Capodanno 2011-2012 per andare a vedere i ghiacciai della Patagonia”.

In un comunicato dell’ora di pranzo del giorno dell’Immacolata, Gianni Alemanno, forzando un po’ la mano alle parole ispirate dalla Procura della Repubblica, ha detto ancora:

“Come viene confermato oggi dalla Procura di Roma la notizia dei miei viaggi in Argentina per portare soldi è totalmente e manifestamente infondata. Questa notizia nasceva da un’intercettazione di una persona a me evidentemente ostile, come Luca Odevaine, braccio destro di Walter Veltroni, da me allontanato dagli incarichi con il Comune di Roma.

“Inoltre l’idea che io e mio figlio allora minorenne ci recassimo dall’ altra parte del mondo per portare soldi, non solo può apparire folle a qualsiasi giudizio equilibrato ma è facilmente riscontrabile attraverso i nostri passaporti. Infatti già ieri dalle carte risultava che gli inquirenti, dopo le opportune verifiche, avevano scartato questa pista. Tutto ciò non ha impedito agli organi di informazione di dare la massima evidenza a questa notizia e io oggi chiedo che uguale risalto venga dato alla smentita proveniente dalla Procura: non solo non ho mai portato un euro fuori dalle frontiere ma ho dovuto, come più volte spiegato, vendere una casa e accendere un mutuo per pagare i miei debiti della mia campagna elettorale. Anche questo è facilmente riscontrabile sulle carte”.

Gli accertamenti, però, avverte Valentina Errante, sono ancora in corso.

“La conversazione del 13 gennaio rivela agli inquirenti anche altri elementi: «A un certo punto deve essere successo qualche casino – dice Odevaine – perché ad Alemanno gli hanno fatto uno strano furto in casa, cercavano qualche pezzo di carta..credo che hanno litigato perché Alemanno ha pensato che ce li ha mandati questo”.

Gianni Alemanno, riporta Maria Elena Vincenzi su Repubblica, parla del furto in questi termini:

“È avvenuto ad ottobre 2013 e basta aprire Google per constatare che è stato ampiamente pubblicizzato”. Lo hanno riportato tutti i giornali, certo. Eppure, stando agli accertamenti del Ros, “non ci sono riscontri sulle banche dati, in quanto non risultano essere state sporte denunce né da Giovanni Alemanno, né dalla moglie convivente, Isabella Rauti”.

Questo dei soldi portati in Argentina non è, avverte Antonio Massari,

“l’unico riferimento a denaro circolato negli ambienti legati ad Alemanno. L’accusa sostiene infatti che le tangenti siano passate direttamente attraverso la segreteria dell’ex sindaco: “Massimo Carminati e Salvatore Buzzi”, si legge negli atti d’indagine, “erogavano a Gianpiero Monti” ingenti “somme di denaro”. L’obiettivo era influenzare l’assegnazione delle opere pubbliche e Gianpiero Monti all’epoca, non era soltanto “l’addetto alla segreteria particolare del Sindaco presso Roma Capitale”, ma qualcosa di più.

Più che di una pista dei soldi sarebbe il caso di parlare delle piste dei soldi. Come racconta Fiorenza Sarzanini,

“il percorso dei soldi porta in Sudamerica, ma anche a una fiduciaria di Lugano dove gli «spalloni» dell’organizzazione – capeggiata dall’ex estremista dei Nar Massimo Carminati e dall’imprenditore Salvatore Buzzi – avrebbero trasferito i soldi delle tangenti versate ai politici. […] È in una fiduciaria di Lugano che Stefano Bravo, commercialista ora indagato per riciclaggio, avrebbe trasferito parte dei soldi delle tangenti. Gli investigatori lo hanno scoperto ascoltando le sue conversazioni con Odevaine e adesso indagano per scoprire quanti fossero i suoi clienti e soprattutto per ricostruire la tela dei conti esteri svizzeri, ma anche quelli aperti in vari paradisi fiscali, compresa Panama.

Le carte processuali fanno emergere numerosi contatti tra l’Honduras e il Costa Rica che proprio Odevaine, probabilmente per conto dell’organizzazione, aveva attivato per intraprendere attività di commercializzazione di prodotti italiani e reimpiegare il denaro ottenuto grazie al pagamento delle «mazzette». Gli stessi canali sarebbero stati utilizzati anche da altri politici foraggiati negli ultimi anni”.

Gli investigatori, aggiunge Valentina Errante, seguono fino a Lugano Stefano Bravo:

“Non vuole lasciare tracce, preferisce passare da Milano «prendi una macchina, un treno che è pure più comodo…con tua moglie per evitare lo Sdi (servizio informatico interforze ndr)». I soldi finivano in una fiduciaria. Scrive il Ros: «Il 10 aprile, il dottor Bravo si recava a Milano per poi proseguire per la città di Lugano al fine di recarsi presso uno stabile, sede di diverse società e fiduciarie la cui natura e oggetto sociale sono allo stato in fase di accertamento».

Ma c’è anche un affare che, attraverso le società estere, Bravo avrebbe dovuto concludere per conto di Odevaine. Scrive il Ros dopo avere ascoltato le conversazioni intercettate: «La finalità del viaggio in Svizzera era da ricondurre a un’operazione di compravendita immobiliare da perfezionarsi con una società panamense». Odevaine aveva detto: «La società si chiama Rosdolf ed è di Panama, ma non posso vendere direttamente». La causa, aggiunge il Ros, è «la vigente legislazione venezuelana». «C’abbiamo la ”Oliveto” venezuelana, che però la casa madre è Costa Rica, invece lei ha una società anche venezuelana, penso possa essere utile». Responsabile legale della società è Maribel Avila Echenique, collaboratrice di Odevaine nella Fondazione Integrazione/azione, segna il Ros. Intanto Bravo interessava anche un procacciatore d’affari per trovare nuovi investimenti per conto di Odevaine: «Lui sta in Honduras a me interessa invece se lui va in Costa Rica, dove operiamo noi con L’Oliveto..ci apre i mercati in Panama e Nicaragua» dice Bravo”.