Roma, nel carcere di Regina Coeli c’è un detenuto che non si sveglia da quattro mesi: lo chiamano “l’uomo che dorme”

Roma, nel carcere di Regina Coeli c'è un detenuto che dorme da quattro mesi: lo chiamano "l'uomo che dorme". Ora l’associazione Antigone onlus che si occupa da oltre trent’anni di problemi legati al carcere e alla giustizia vuole vederci chiaro e capire che sta succedendo.

di Lorenzo Briotti
Pubblicato il 18 Ottobre 2022 - 16:44 OLTRE 6 MESI FA
regina coeli ansa

Roma, nel carcere di Regina Coeli (l’ingresso nella foto Ansa), c’è un detenuto che non si sveglia da quattro mesi

Nel carcere romano di Regina Coeli c’è un detenuto di 28 anni che dorme da quattro mesi senza mai svegliarsi. la vicenda che ha dell’incredibile la racconta l’associazione Antigone onlus che si occupa da oltre trent’anni di problemi legati al carcere e alla giustizia.

A Regina Coeli c’è il “simulatore”, l’uomo che dorme sempre da quattro mesi

Il detenuto ha anche due soprannomi: l’Uomo che dorme o il Simulatore. Ciò dimostra che la faccenda, all’inizio non è stata presa sul serio. Molte guardie e tanti altri detenuti pensavano infatti che stesse fingendo. Ora sono passati quattro mesi e la situazione non cambia senza che nessuno abbia ancora capito cosa abbia il detenuto.

La vicenda la racconta Antigone Onlus e l’ha ripresa La Repubblica. La responsabile nazionale di Antigone, Susanna Marietti, ha spiegato che ora l’associazione vuole far luce sulla vicenda. A Repubblica, la Marietti spiega: “Una mediatrice culturale ha detto che ricorda un po’ la sindrome della rassegnazione, un male che sembra colpire soprattutto i bambini e gli adolescenti rifugiati. Ci auguriamo solo che qualcuno possa farsi carico di questa situazione. Perché un sistema che può tollerare l’Uomo che dorme in una cella al centro di Roma ha qualcosa che non va”.

“L’uomo che dorme” colpito dalla sindrome della rassegnazione? 

 Susanna Marietti spiega a Repubblica di aver “incontrato ‘l’uomo che dorme’ il primo giugno durante una visita di monitoraggio. Mi avevano detto che in infermeria c’era un detenuto pakistano che chiamavano il ‘Simulatore’ perché, nonostante non reagisse agli stimoli da tempo, i vari controlli medici, effettuati anche al di fuori del carcere, non avevano evidenziato nessun problema in particolare”.

“Ma la simulazione è un atto volontario e un uomo non può fingere troppo a lungo, così avevo chiesto di vederlo. A giugno l’infermiere mi aveva detto che si trovava in quella condizione già da alcuni mesi, oggi siamo a ottobre e sta ancora così. È praticamente come un vegetale: ha bisogno del pannolone e del catetere e mangia meccanicamente quel poco che gli viene messo messo in bocca“.

Portato in barella alle udienze

Il suo compagno di cella dice di non averlo mai visto né con gli occhi aperti né muoversi. L’uomo viene portato in barella a ogni udienza davanti ai magistrati. E’ detenuto e non ha ancora ricevuto una condanna come tutti i detenuti dello storico carcere di Trastevere a Roma. Dopo la sentenza infatti si finisce a Rebibbia, l’altro carcere molto più grande e attrezzato che si trova in periferia. 

Il suo avvocato, a quanto pare, non ha mai chiesto rinvii. “Mi domando perché si trova ancora lì dentro. Non sanno in che altro posto metterlo? Parliamo di un detenuto che non ha ancora una sentenza definitiva alle spalle e che si trova in carcere in custodia cautelare”, conclude la Marietti. 

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