“Salvore Parolisi tradiva Melania Rea e per questo la uccise”: lo dice la Cassazione

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Febbraio 2015 - 13:45 OLTRE 6 MESI FA
Salvatore Parolisi (foto Lapresse)

Salvatore Parolisi (foto Lapresse)

ROMA – Salvatore Parolisi ha ucciso la moglie Melania Rea, a Civitella del Tronto il 18 aprile 2011, durante una “esplosione di ira” nata in un litigio “tra i due coniugi” e dovuta alla “conclamata infedeltà coniugale” dell’uomo. Questo quanto scrive la Cassazione nelle motivazioni depositate martedì 24 febbraio della condanna di Parolisi.

Secondo i supremi giudici, l’uccisione di Melania Rea è avvenuta “in termini di ‘occasionalità’ (dolo d’impeto, non essendo stata mai ipotizzata la premeditazione) dovuta ad una esplosione di ira ricollegabile ad un litigio tra i due coniugi, le cui ragioni fondanti si apprezzano nella conclamata infedeltà coniugale del Parolisi”.

La Corte di Cassazione il 10 febbraio ha reso definitiva la condanna di Parolisi, ma ha rimandato alla Corte d’appello di Perugia il compito di ricalcolare la condanna inflitta in secondo grado, ovvero 30 anni. Secondo i giudici è una condanna troppo severa è  il motivo è che al militare, pur ritenuto colpevole, non è stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà.

Le 36 coltellate inflitte da Salvatore Parolisi alla moglie indicano che si è trattato di un “dolo d’impeto” finalizzato ad uccidere, ma “la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena, scrive la Cassazione.

“L’abbandono in stato agonico” della moglie Melania, da parte di Parolisi, “è anch’esso condotta ricompresa nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all’assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l’azione)”, spiegano i Supremi giudici nel verdetto.

Non è escluso che Parolisi possa, in sede di ricalcolo della pena, ottenere le attenuanti in seguito all’eliminazione dell’aggravante della crudeltà. “Il mantenimento (o meno) del diniego delle circostanze attenuanti generiche è compito, in tutta evidenza, del giudice di rinvio (corte d’assise d’appello di Perugia), essendo parzialmente mutato il quadro circostanziale posto a carico” di Parolisi, spiegano i supremi giudici.