Sarah Scazzi, gli amici di Sabrina: “Una ragazza normale. Non può aver ammazzato nessuno”

Pubblicato il 19 Ottobre 2010 - 18:46 OLTRE 6 MESI FA

Sabrina Misseri

Allegra, solare, ”caciarona”, autoironica sui suoi chili di troppo, un’amica con tante amiche, imbranata, così tanto imbranata da assomigliare a Paperino. Un difetto? Almeno due: parla troppo e troppo ad alta voce a telefono. E poi è ritardataria, ritardataria cronica. E’ questa Sabrina Misseri nel ritratto fatto da chi la conosce da quando era una bambina.

Sabrina, fino alla scomparsa e alla morte della cugina Sarah Scazzi, era una normale ragazza di 22 anni che sognava di aprire un centro estetico nel suo piccolo paese, Avetrana. Ora invece è in carcere con l’accusa di aver partecipato, con il padre, al terribile omicidio della cuginetta quindicenne.

Sabrina Misseri è il personaggio più controverso di questa vicenda. Ma se Sabrina non sa tenere per sé niente, neanche i piccoli segreti di una ragazza come tante altre, come fa a mentire sull’omicidio di sua cugina? “Non è possibile, non può essere stata lei”, risponde Lucia, madre di Liala, un’amica di Sabrina ”da quando erano bambine, da quando siamo venuti ad abitare in via Deledda”, la strada dove c’è la casa della famiglia Misseri.

Oggi Sabrina non è più una bambina, la sua giovinezza è stata macchiata, forse per sempre. Però i suoi amici, le persone che con lei hanno condiviso tanto tempo, proprio non ce la fanno a immaginarla assassina. Perché Sabrina “è – ribadiscono – una normalissima ragazza di 22 anni”, che si è lasciato da un circa un anno ”per colpa della distanza”, con Andrea, un bravo ragazzo che per trovare lavoro, si è trasferito da Mandria a Torino.

Sabrina non fuma, non beve, neanche caffé. Sabrina preferisce i Nirvana, i The Servant, il rock alternativo insomma, alla musica leggera italiana che non ascolta mai, neanche per sbaglio alla radio. Sabrina ha la patente, ma non guida quasi mai, preferisce girare a piedi per Avetrana o utilizzare i mezzi pubblici. Del resto, a qualcuno scappa una battuta, se guidasse prenderebbe continuamente multe perché ”sta sempre al telefono”.

Un ”difetto”, quello di stare “sempre al telefono”, che si porta dietro da quando era piccola, da quando a fine anni Novanta usava ancora il telefono fisso, quello di casa, e che oggi, in ”regime” smart-phone, l’ha fatta conoscere a tutta l’Italia anche per gli sms inviati in diretta ai giornalisti della tv. Non solo messaggini, ma anche telefonate, tante e lunghissime, ad amici come Mariangela – la testimone chiave, le cui dichiarazioni hanno contribuito ad aprirle le porte del carcere – che usciva con lei da pochi mesi.

Sabrina parla al telefono con tutti, anche con i vecchi compagni delle medie, che non frequenta più da tempo. In paese qualcuno la descrive prepotente, disposta a tutto pur di far emergere le sue decisioni, vero ”dominus” di casa Misseri. Tutte bugie, rispondono sbigottiti amici e vicini di casa, menzogne di chi vuole sporcare il volto di Sabrina, una ragazza ”che non può non esserti amica”. E che se dovesse recitare una parte in un film ambientato nel meridione d’Italia sarebbe sicuramente ”una lavandaia”, una di quelle che sai che si sta ritirando a casa perché per strada parla a telefono ad alta voce ”raccontando i fatti suoi”. E che, se non è con le orecchie incollate al cellulare, ti dice sempre quello che pensa. Anche urlando da una parte all’altra della strada, da finestra a finestra, da balcone a balcone, ma che ”no, non può aver ammazzato nessuno, perché lei non riusciva a far torto a nessuno, figurarsi alla piccola Sarah”.

Sarah, quella ”sorellina” che lei ha cercato per 42 giorni, ”in tutti i luoghi e in tutti i modi”. Un mese e mezzo passato tra caserme, fiaccolate e appelli in tv, con una tensione incredibile, che la sera la portava a vomitare appena toccava cibo. ”Almeno così perderò qualche chilo”, scherzava, ricordando i tempi, quattro-cinque anni fa, in cui era più magra e ancora più allegra. Ma ormai – gli occhi dei suoi amici si riempiono di lacrime – la sua spensieratezza si eèpersa in ”una tragedia che non si può chiudere con lei come colpevole”.