Sardegna, il fax allarme rosso arrivò, ma i Municipi erano chiusi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Novembre 2013 - 09:26 OLTRE 6 MESI FA
Sardegna, il fax allarme rosso arrivò, ma i Municipi erano chiusi

La Sardegna dopo il ciclone Cleopatra (Foto Lapresse)

OLBIA – Alluvione in Sardegna, un fax avrebbe potuto, forse, salvare le sedici vittime e i milioni di danni causati dal ciclone Cleopatra e degli abusi dell’uomo. Ma quando il fax con l‘allerta meteo con criticità elevata, cioè la peggiore, inviato dalla Protezione civile è arrivato, domenica pomeriggio, i municipi erano già chiusi. E dodici ore dopo nessuno ha evitato che si scatenasse l’inferno.

E’ domenica 17 novembre alle 14:12, ricostruisce Giusi Fasano sul Corriere della Sera, quando il Centro funzionale della Protezione civile emana l’avviso di criticità elevata, il più alto sulla scala delle “condizioni meteorologiche avverse”.

Alle 16:30 la Regione Sardegna manda ai vari Comuni i fax. Solo che quando arrivano gli in uffici sono ormai vuoti. In serata la sintesi del fax, però, arriva anche sui telefonini dei sindaci con un sms. Alle 8 di lunedì mattina ogni municipio si organizza per conto proprio, non immaginando che le “raffiche di burrasca forte” annunciate dal fax sarebbero state davvero forti. Così, quando il ciclone arriva, nulla evita il caos.

Scrive Fasano:

“A me è arrivato un messaggino e ho cominciato a darmi da fare. Lunedì all’inizio abbiamo mandato i nostri uomini a Olbia perché lì c’era il peggio, poi è arrivato anche qui da noi” ricorda il sindaco di Arzachena, Alberto Ragnedda. Il suo collega di Loiri, Giuseppe Meloni, si chiede: “Noi sindaci dei Comuni piccoli che possiamo mai fare davanti a una cosa del genere? Ci lasciano soli…”. E c’è amarezza anche nelle parole di Antonella Dalu, alla guida del Comune di Torpè. “Sono stata avvisata con il classico messaggio di criticità elevata che riceviamo venti volte l’anno… in passato abbiamo fatto evacuazioni per la stessa allerta e poi non è successo nulla. Come potevamo sapere che stavolta sarebbe stato diverso?”.

Il risultato sono i sedici morti, i milioni di danni, e il rischio per la potabilità dell’acqua in tutta la Sardegna: 20 depuratori e sei potabilizzatori sono stati danneggiati.

E l’indomani inizia il rimpallo di responsabilità. Giusi Fasano scrive che il primo a “dar fuoco alla miccia”, sottolineando che le previsioni c’erano ed erano chiare, è stato Antonio Sanò, direttore di ilmeteo. it. Sostiene che “modelli fisico-matematici avevano previsto già da giovedì quello che sarebbe successo lunedì”. Detto altrimenti: l’allarme è stato lanciato tardi.

Così le accuse reciproche si scatenano. Il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, punta il dito contro gli abusi edilizi, spesso condonati, proprio dai “rappresentanti delle istituzioni” che poi, come “commedianti”, “accorrono sulle tragedie” mentre “approvano programmi edilizi e urbanistici che sfasciano il territorio”. A Bonelli risponde il governatore Ugo Cappellacci, che lo accusa di “giocare bluff da biscazziere da strapazzo”.

Il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, spiega che “lo Stato dà le direttive, le Regioni fanno i dettagli e ciascuna stabilisce le procedure che i livelli intermedi devono seguire. Ce ne sono alcune che non hanno un progetto di pianificazione degli interventi e io ripeto che le previsioni sono importanti, ma se non c’è pianificazione, tutto è inutile”.