Saronno, pm contro il primario dell’ospedale: “Ha sottovalutato le denunce interne”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Dicembre 2016 - 11:45 OLTRE 6 MESI FA
Saronno, pm contro il primario dell'ospedale: "Ha sottovalutato le denunce interne"

Saronno, pm contro il primario dell’ospedale: “Ha sottovalutato le denunce interne” (foto Ansa)

SARONNO – Anche il primario dell’ospedale di Saronno potrebbe finire nei guai dopo l’arresto dell’infermiera Laura Taroni e il medico Leonardo Cazzaniga con l’accusa di omicidio. Secondo i pm di Busto Arsizio Cristina Ria il primario, Nicola Scopetta, avrebbe sottovalutato le denunce interne. E intanto la vicenda giudiziaria si allarga, con 80 cartelle cliniche finite nel mirino degli inquirenti di cui 12 decisamente sospette.

Fabio Poletti sul quotidiano La Stampa scrive che il pm ha chiesto l’arresto anche per Scopetta, ma il giudice Luca Labianca lo aveva negato ritenendo che non ci fossero gli estremi. La Procura di Busto Arsizio però ha fatto ricorso in appello e ritiene che il primario Scopetta sia responsabile di non aver denunciato il comportamento di Cazzaniga:

“«Il dottor Nicola Scoppetta non ha denunciato il comportamento di Leonardo Cazzaniga. Aiutava il medesimo a eludere le investigazioni dell’autorità. Contro ogni evidenza scientifica esprimeva un giudizio di correttezza professionale e deontologica dell’operato di Leonardo Cazzaniga. Dissuadeva gli infermieri dal presentare denuncia. In tal modo determinava un ritardo delle indagini»”.

Il primario è finito così nel registro degli indagati insieme ad altre 13 persone tra medici, infermieri e i dirigenti dell’ospedale ipotizzando il reato di omessa denuncia e favoreggiamento, soprattutto dopo l’acquisizione delle lettere di due infermieri del Pronto Soccorso:

“Clelia Leto che nel 2014 presenterà un esposto ai carabinieri, l’11 aprile 2013 scrive ai vertici dell’ospedale: «In alcune occasioni il dottor Cazzaniga ha minacciato di applicare il suo protocollo a pazienti che vengono inviati dal 118 in codice rosso o in generale nei confronti di malati che secondo il suo giudizio non devono godere delle cure primarie. Trovo questi atteggiamenti lesivi dell’etica professionale. Vorrei sottoporre al Vostro giudizio le procedure terapeutiche da Lui adottate». Un altro infermiere, Iliescu Radu, tre giorni dopo scrive una lettera con gli stessi toni: «Nel giro di pochi minuti si è constatato il decesso di un paziente. Il dottor Leonardo Cazzaniga ha scritto nel referto di aver somministrato 60 mg di midazolam e 200 mg di propofol. Alla domanda come mai avesse adottato quella terapia mi è stato detto che non potevo capire. Come devo comportarmi?»”.

Scopetta avrebbe dunque insabbiato le denunce dopo una inchiesta interna durata poche settimane, secondo le accuse dei pm:

“Il 13 maggio 2013, appena un mese dopo la denuncia degli infermieri, Nicola Scoppetta chiude il caso del dottor Leonardo Cazzaniga con una sua relazione: «Non ritengo si evidenzi una deviazione nei comportamenti». I consulenti tecnici del magistrato – medici piemontesi per evitare interferenze – tirano altre conclusioni: «Il tipo di condotta è chiaramente in contrasto con il corretto comportamento professionale». Sotto i raggi X ci sono 80 cartelle cliniche firmate da Leonardo Cazzaniga. Una dozzina sono più che sospette ma 45 sono ancora da esaminare. Oggi ci saranno gli interrogatori del medico e dell’infermiera che in carcere si dice preoccupata dei figli. Quelli che si temeva potesse uccidere, come si legge in alcune intercettazioni, tanto che pure per questo i carabinieri le hanno messo in casa telecamere spia per oltre un anno e mezzo”.