Scorie nucleari, dove i depositi: la lista segreta

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 28 Marzo 2018 - 10:06 OLTRE 6 MESI FA
Scorie nucleari, dove e depositi: la lista segreta

Scorie nucleari, dove e depositi: la lista segreta

ROMA – Prima ancora che la lista sia diventata pubblica, solo all’idea che questa possa con nemmeno quattro anni di ritardo essere annunciata, e già le regioni italiane sono sul piede di guerra.

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Quando si dice che la miglior difesa è l’attacco. Il tema è quello del Cnapi, Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (appunto Cnapi), e cioè la mappa dei luoghi che hanno tutte le caratteristiche per ospitare il sito in cui riunire tutti i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese. Doveva essere confezionata entro il gennaio del 2015, ma sinora nessuno aveva avuto il ‘coraggio’ politico di scontentare qualche potenziale elettore, e solo l’attuale governo, che dagli elettori non ha più nulla da chiedere, ha promesso che adempirà lo scottante obbligo nei prossimi giorni.

Apriti cielo. La Sardegna ha parlato di umiliazione e di lesione del diritto all’autodeterminazione. Nientemeno. Spostandoci sul continente la Basilicata ha dichiarato che sul suo territorio già grava una pressione eccessiva. Ma trattandosi di una mappa “delle aree potenzialmente idonee”, come dice il nome stesso, il documento atteso sarà una lunga lista di siti potenzialmente utilizzabili. Le aree potenzialmente idonee, come scrive sul Sole24Ore Jacopo Giliberto, sono “distribuite in tutta Italia. Luoghi poco abitati, con una sismicità modesta, senza rischi di frane o di alluvioni. Una spolverata di decine di piccole aree dal Piemonte alla Calabria, soprattutto sulle colline del versante adriatico dell’Appennino, e due aree più estese, una fra Toscana e Lazio e l’altra fra Puglia e Basilicata”. Le possibili destinazioni dovrebbero essere circa sessanta, anche se la pubblicazione è vietata e la diffusione anzitempo punita pesantemente. E per questo sono in tanti pronti a schierare il loro no.

“Il documento ci sta arrivando. Ha fatto delle correzioni l’Ispra e le ha rimandate al ministero dell’Ambiente che ora deve rimandarla a noi e appena lo farà, faremo il decreto ministeriale Ambiente-Sviluppo”, ha detto l’altro giorno il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda. Lo ha detto, come scritto, con tre anni di ritardo rispetto agli impegni presi e perché non ha nulla ‘da perdere’ politicamente. Ma il ministro preme sull’acceleratore anche perché tra poco Francia e Inghilterra ci rimanderanno indietro 800 metri cubi di scorie ritrattate e condizionate del combustibile delle quattro vecchie centrali italiane. Scorie che si andranno ad aggiungere agli oltre 16mila metri cubi di rifiuti ad alta radioattività che già abbiamo. Anche se, paradossalmente, dal punto di vista del volume e dell’incremento futuro sono i rifiuti a bassa e media radioattività il vero problema.

Sono quei rifiuti che continuiamo a produrre ogni giorno con reagenti farmaceutici, mezzi diagnostici degli ospedali come la risonanza magnetica nucleare, terapie nucleari, radiografie industriali. Perfino i parafulmini e i rilevatori di fumo che lampeggiano sul soffitto di cabine di nave e camere d’albergo contengono americio radioattivo. Sul totale di 78mila metri cubi a bassa e media attività che dovrà ospitare il sito unico, circa 33mila metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti 45mila metri cubi verranno prodotti nei prossimi 50 anni.

Materiale questo che oggi viene accumulato in alcuni centri provvisori, come l’area vercellese di Saluggia o i depositi nucleari della Casaccia alle porte di Roma. Aree provvisorie che ovviamente non sono amate dalla popolazione locale e che costano in termini di gestione e di sicurezza più di quanto non sarebbe con un unico sito. Ragion per cui anni fa si decise che si sarebbe dovuto procedere in questa direzione. Ma ieri come oggi tutti sono pronti a rivendicare come non spetti al loro territorio ospitare le terribili scorie, come sia giusto che se ne faccia carico qualche altro come se, quelle terribili scorie, non fossero prodotte da tutto il Paese, da tutti gli italiani e a patto che rimangano sempre e comunque un problema da risolvere altrove.