“Sei un negro e rimarrai schiavo a vita…”. L’immigrato aveva solo chiesto un contratto

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Novembre 2021 - 09:10 OLTRE 6 MESI FA
"Sei un negro e rimarrai schiavo a vita...". L'immigrato aveva solo chiesto un contratto

“Sei un negro e rimarrai schiavo a vita…”. L’immigrato aveva solo chiesto un contratto FOTO ANSA

“Sei un negro e rimarrai schiavo a vita…“, questa la frase, più altri insulti, che si è sentito dire un lavoratore immigrato che aveva chiesto un contratto al suo capo. Tutto è accaduto in un’officina di Napoli con il capo che continua a mandargli messaggi vocali. Nell’audio si sente esattamente il datore di lavoro che lo caccia e lo insulta per il colore della pelle, perché per lui “nero uguale schiavo”.

Il racconto dell’immigrato chiamato schiavo

“Fin quando lavoravo dodici ore al giorno e stavo zitto con i 15 euro che prendevo andava tutto bene. Ma quando ho chiesto al mio ex datore di lavoro un contratto e una giusta retribuzione mi ha cacciato via offendendomi per il colore della pelle. Non solo, ora mi cerca per farmi male perché non vuole che vada a lavorare da altre parti”. Quelle offese sono state registrate da Didier (nome di fantasia), richiedente asilo della Costa d’Avorio di 34 anni.

Il 34enne è un meccanico, molto bravo a giudizio di chi lo conosce e volenteroso, tanto da aver imparato a fare anche l’elettrauto e il gommista. Arrivato in Italia nel dicembre 2017 e ospite attualmente di un centro di accoglienza del Casertano, fino a qualche giorno fa lavorava a Napoli presso un’officina meccanica ma ora si nasconde per paura di ritorsioni dopo aver cercato di vedersi riconosciuti diritti basilari.

L’audio e le offese

Lunedì sera il suo ex datore di lavoro gli ha inviato un audio dal profondo contenuto razzista, che ora finirà nella denuncia che il legale dell’ivoriano. “Sei un negro – dice il meccanico napoletano – rimarrai schiavo a vita, devi fare solo il negro nella tua vita come lo fate tutti quanti, perciò siete negri di… Se ti acchiappo ti mando all’ospedale”.

Didier intende adire le vie legali per vedersi riconosciuti gli anni di lavoro sottopagati e senza tutele trascorsi in quella officina. Ma spera soprattutto che la sua denuncia stimoli iniziative analoghe da parte dei tantissimi immigrati irregolari che vengono sfruttati ogni giorno. “Ne conosco tanti – dice – ma del resto basta che ognuno di noi apra gli occhi invece di essere indifferente. Per accorgersi dello schiavismo di fatto che nel ventunesimo secolo regna ancora in occidente”.