Sequestrato il bunker dove si nascondeva il boss Zagaria

Pubblicato il 14 Marzo 2012 - 20:03 OLTRE 6 MESI FA

CASERTA – Nonostante uno spazio vitale di pochi metri quadrati, Michele Zagaria era in grado di comunicare con l'esterno attraverso un sistema di comunicazione abusivo esteso in quasi tutto il territorio del comune di Casapesenna, con ramificazioni anche nel vicino paese di San Marcellino, in modo da essere avvisato con largo anticipo dell'arrivo delle forze dell'ordine. Anche per questo la latitanza del boss dei Casalesi è durata oltre 15 anni.

Il sistema di cavi sotterranei, creato da un professionista, probabilmente un ingegnere non ancora individuato dagli investigatori, aveva la sua origine nel bunker nascosto nella villa di Giovanni Garofalo, oggetto questa mattina di sequestro preventivo da parte dei finanzieri del Gico di Napoli guidati dal colonnello Roberto Prosperi. Garofalo, 39 anni, è attualmente detenuto al carcere duro nel penitenziario di Opera (Milano) per estorsione, danneggiamento, detenzione e porto abusivo d'armi, reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal 416 bis (associazione mafiosa); soprattutto è ritenuto dalla Dda un fiancheggiatore di Zagaria, cui avrebbe dato rifugio durante la sua latitanza.

Il bunker era già stato scoperto nei mesi scorsi dalle forze dell'ordine che avevano fermato Garofalo e altri sette presunti esponenti del clan; oggi, con il sequestro preventivo dell'intero immobile, è partito l'iter che terminerà con la confisca. A coordinare le operazioni il magistrato della Dda Catello Maresca. "Questo covo – spiega il pm – è stato probabilmente utilizzato da Zagaria prima di trasferirsi in via Mascagni a Casapesenna dove poi è stato catturato (il 7 dicembre scorso, ndr). Continueremo – assicura – con sequestri e confische e non ci faremo intimidire dalla camorra nonostante spesso provi a rallentare il nostro lavoro".

Le operazioni di sequestro sono iniziate alle prime ore di questa mattina; nella villa, realizzata abusivamente nel 2003, sono stati trovati documenti, tra cui ricevute bancarie, che saranno oggetto di accertamenti e una somma in contanti pari a 1750 euro. I parenti di Garofalo, prima di abbandonare l'immobile, hanno protestato lamentando condizioni di miseria. ''Siamo solo degli onesti lavoratori, non siamo ricchi'' gridava la madre del presunto fiancheggiatore.

Una situazione di quasi indigenza che sembrerebbe emergere dalla dichiarazione dei redditi di Garofalo, il quale convive con moglie, figlia minore e i due anziani genitori: 19 mila euro nel 2010, 11 mila l'anno prima. Ma la villa è da autentici "Paperoni": 502 metri quadrati disposti su tre livelli per un valore, ha accertato la Finanza, di quasi un milione di euro. Una sproporzione evidente emersa dopo il fermo di Garofalo avvenuto nell'aprile del 2011. Nell'ampia tavernetta, dietro un muro coperto da un mobile, è sistemato il bunker, una stanza minuscola dove è presente una porticina che introduce in un cunicolo nel quale è posto il montacarichi collegato con il bagno ubicato al piano superiore della villa.

Dal covo parte la rete di cavi che termina in varie parti del territorio di Casapesenna e San Marcellino: almeno tre i punti di ascolto individuati in abitazioni distanti quasi un chilometro, ma ce ne sarebbero altri che gli esperti della squadra mobile della questura di Caserta stanno cercando di scoprire, e che potrebbero dare un'ulteriore conferma di quanto fosse estesa la rete di fiancheggiatori di cui il boss ha goduto negli anni.

Maresca ha escluso per il momento ogni coinvolgimento delle amministrazioni comunali di Casapesenna e San Marcellino, i cui uffici avrebbero dovuto vigilare sui lavori di sistemazione dei fili. "E' impossibile – ha affermato l'ingegnere Carmine Testa, perito nominato dal Tribunale di Napoli – che nessuno si sia accorto di nulla; per sistemare i cavi c'era bisogno di lavorare sulla pubblica strada".