Serena Quaglia e Francesca Barlocci a processo per estorsione a luci rosse

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Febbraio 2015 - 15:46 OLTRE 6 MESI FA
Serena Quaglia e Francesca Barlocci a processo per estorsione a luci rosse

Serena Quaglia e Francesca Barlocci a processo per estorsione a luci rosse

SALERNO – Prima avrebbero chiamato un medico in casa sostenendo che una di loro si sentiva male, poi avrebbero circuito il dottore e scattato foto facendole sembrare compromettenti. Questa l’accusa nei confronti di Serena Quaglia e Francesca Barlocci, due donne di Battipaglia rinviate a giudizio con l’accusa di estorsione a luci rosse.

Petronilla Carillo sul Mattino dice che le donne hanno scattato le foto nel contesto hot al medico della Piana di Sele e lo hanno minacciato di esporlo ad uno scandalo sexy, facendosi consegnare i 50 euro che l’uomo aveva in tasca:

“Ma, una volta giunto sul posto, si è trovato a vivere una situazione del tutto surreale. Le due donne hanno cercato di circuirlo, abbandonandosi a carezze e proponendosi a lui. Mentre una cercava di metterlo in imbarazzo, l’altra scattava fotografie che, viste dall’esterno, erano tutt’altro che equivoche.

Le due lo hanno poi minacciato, dicendogli di avere le prove per mostrare pubblicamente (e in particolare alla moglie) come lui, invece di svolgere il suo ruolo di medico, ne approfittasse per fare delle avances alla sue pazienti. Il professionista, messo alle strette, fu costretto a dare del denaro alle due: 50 euro, quanto aveva in tasca. Poi, ripensandoci, le ha denunciate chiedendo giustizia”.

Le due donne, continua la giornalista del Mattino, erano già note agli agenti, dato che avevano precedenti simili:

“Nel 2009 sia la Quaglia che la Barlocci, assieme ad un’altra complice, erano diventate il «terrore» degli uomini della Piana del Sele: in soli venti giorni riuscirono a ricattare diverse persone ottenendo da loro circa 15mila euro. In quella circostanza fu il pm Roberto Penna a coordinare le indagini dei poliziotti del commissariato di Battipaglia che, in breve tempo, riuscirono a chiudere il cerchio e individuare anche una serie di vittime reticenti.

I malcapitati venivano adescati in ogni modo possibile e nessuno degli uomini ricattati andò subito alla polizia. Prima di uscire allo scoperto, spesso le donne avevano più incontri con le proprie vittime: fino a metterle con le spalle al muro e chiedere loro il denaro da sborsare, quasi sempre, nel giro di pochi giorni”.

Secondo Carillo se il malcapitato non pagava, le donne nel 2009 ricorrevano all’aiuto di complici affinché minacciassero le vittime, e le torturavano con minacce telefoniche e via sms:

“Nel corso delle indagini, lunghe e complicate per la poca voglia delle vittime di collaborare, gli inquirenti appurarono che c’era qualcuno che aveva sborsato anche più di 10mila euro in quattro tranche tanto da essere costretto anche a chiedere 5mila euro in prestito per sostenere le continue richieste ricattatorie.

Tra le vittime vi erano professionisti e gente comune, come un agente finanziario al quale chiedevano continui soldi per non affiggere le sue foto imbarazzanti dinanzi alla sua agenzia. Stessa sorte toccò ad un imprenditore battipagliese al quale le donne chiesero 5mila euro in cambio delle foto osé: in quella circostanza ci fu una vera e propria trattativa che consentì al malcapitato di sborsare soltanto 800 euro.

Ora a loro carico un nuovo procedimento giudiziario con la vittima agguerrita a far luce su una situazione ritenuta surreale, da lui subita senza aver mai dato loro l’occasione per potersi fare avanti”.