Sicilia isolata dalla “secessione dei tir”

Pubblicato il 17 Gennaio 2012 - 14:01 OLTRE 6 MESI FA
Giuseppe Richichi

Giuseppe Richichi, presidente dell'Aias, uno dei capi della protesta

CATANIA – Si chiama movimento “Forza d’Urto” e con il blocco dei tir sta di fatto isolando la Sicilia dal resto dell’Italia, paralizzando le strade, i porti e le raffinerie dell’isola, in un blocco al quale si sono uniti anche il movimento dei Forconi e l’Aias, Associazione imprese autotrasportatori siciliani. A Palermo, a Catania, a Messina, a Gela e lungo quasi tutte le strade e gli snodi più importanti non vengono fatti passare merci, camion e pullman, mentre le auto private possono circolare. Le pattuglie delle forze dell’ordine sono schierate ma sembrano sorvegliare la situazione più che cercare di impedire i blocchi, che promettono di durare fino al 20 gennaio. A Lentini (Siracusa) un ambulante che voleva forzare un picchetto ha accoltellato uno degli uomini del presidio.

Perché questo succeda, quale sia la causa scatenante della protesta è difficile capirlo se non si conosce molto bene i protagonisti e le vicende sicule. Dopo un po’ ci si arriva: è per il costo eccessivo del movimento merci da e per la Sicilia. Per quanto riguarda le modalità della protesta, ci soccorre il video di un addestratore di cavalli, “Maestro di Alta Scuola Equestre”, Onofrio Carruba Toscano, che parla a nome del “movimento dei Forconi”:

“(Dal 16 al 20, ndr) Saranno bloccate autostrade, snodi principali, i porti di Palermo, le raffinerie di Milazzo, Priolo, Gela. Sarà difficile mandare i propri figli a scuola, specialmente nei piccoli paesi di provincia, perché saranno bloccati i pullman. Certo sarà consentito il passaggio delle ambulanze, di chi ha necessità… Ma per il resto la Sicilia si ferma, non fa entrare nulla. Non faremo entrare per cinque giorni i gratta e vinci che lo Stato, divertendosi sulle spalle della povera gente, utilizza per far cassa. E non entrerà tutto quello su cui lo Stato incassa. Non faremo uscire greggio, non faremo uscire niente, anche a costo di mangiare di meno. Ma la Sicilia rialza la testa e dice: basta. Non è uno sciopero, è un blocco”.

Non si capisce immediatamente con cosa ce l’abbiano di preciso. Nel video in questione e nei messaggi che si trovano in rete ci sono generiche rivendicazioni contro i soprusi dello Stato, i costi della politica, l’inutilità degli europarlamentari. Difficile anche capire cosa sono questi “movimenti” e chi c’è dietro. Mariano Ferro, a capo dei “Forconi”, viene dal Mpa, il partito del governatore della Sicilia Raffaele Lombardo. Dicono: “Chi viene alle nostre manifestazioni con bandiere di partito verrà preso a calci nelle natiche”. Poi però il 15 dicembre scorso, in un comizio a Catania arringava i “Forconi” il capo locale di Forza Nuova, Gaetano Bonanno. Il 10 gennaio è stato ospite d’onore, a un incontro Forconi-Aias, il presidente del Palermo Calcio Maurizio Zamparini.

E poi c’è Giuseppe Richichi, che qualcuno ha definito il “Jimmy Hoffa” siciliano. Presidente dell’Aias, mise in ginocchio la Sicilia già undici anni fa, nel 2001, con una protesta analoga. Quello che voleva e ottenne allora e quello che vuole oggi, lo spiega il sito Lavika.it:

La riduzione delle accise del gasolio e l’abbattimento del costo del lavoro poi attuato dal 19 al 21 giugno 2001. Per cinque anni gli autotrasportatori hanno goduto di ottime concessioni fatte dalla regione e dal governo. E adesso? Tutto andato in fumo. Per portare al di là dello stretto una merce, un autotrasportatore siculo deve far fronte ad una spesa di carburante enorme, nonostante Gela e Priolo, e a dei costi di traghetto che frenano l’economia siciliana, già isolata abbastanza dal punto di vista logistico. Si parla sempre più spesso di aumentare il volume del traffico merci su rotaia, ma (oltre alle conseguenti proteste dei tir) tutti i giorni si fanno i conti con una rete ferroviaria obsoleta e sempre più malmessa per l’assenza di finanziamenti.