Estate 2011: sigarette bandite dalle spiagge

MILANO – L’estate del 2011, oltre che per il crollo delle Borse, sarà ricordata anche per l’inasprimento della lotta contro il fumo nelle spiagge. Da Nord a Sud, isole comprese, l’ultima frontiera dei già numerosi divieti è infatti quello delle “bionde”. Un veto che aggiunge anche una parte dei nostri litorali alla lunga lista di luoghi in cui non è permesso accendersi una sigaretta.

Ordinanze molto restrittive, come quella di San Michele al Tagliamento per la spiaggia veneta di Bibione, diventata off limits per gli amanti della nicotina. Un’iniziativa che ha sollevato un vespaio di polemiche, ma che non costituisce un caso isolato. Già nel luglio 2005 il sindaco del comune sardo di Cabras, sul cui territorio sorge la spiaggia di Is Arutas, decretò il divieto assoluto di fumo in spiaggia nei mesi di alta stagione. Veto sanzionato a caro prezzo (oltre 300 euro di multa) ma sostanzialmente inapplicato e, a soli sei anni di distanza, ricordato dagli abitanti e dalla stampa locale come un semplice provvedimento folkloristico.

Tra rimostranze ed esperimenti (a Napoli qualche anno fa è stato vietato il fumo nei parchi e nelle aree pubbliche), la strada sembra comunque tracciata. Da quest’anno nel villaggio vacanze Touring di Marina di Camerota, in Campania, è stata aperta la prima spiaggia smoke free. Ai fumatori è dedicata un’apposita area, più ristretta ed isolata. «Considerato che – spiega il responsabile villaggi del Touring Club Italiano, Agostino Moretti – tra le nostre strutture quella campana è quella più adatta alle famiglie e, quindi, ai bambini, non abbiamo fatto che raccogliere quella che nell’estate del 2010 era stata una delle lamentele più diffuse. Abbiamo ragionato e ci siamo detti “Facciamo una scelta estrema”». Che sembra funzionare, prosegue Moretti: «Anche i fumatori hanno gradito l’iniziativa, il fumo passivo non piace nemmeno a loro, in fondo».

Così come non piacciono a nessuno le lunghe distese di sabbia bianca disseminate di cicche. Uno dei rifiuti solidi più inquinanti perché di difficile smaltimento. «Noi crediamo – spiega Carmen Di Penta, dell’associazione Marevivo – che il problema sia dettato non tanto dal fumo ma dall’inquinamento provocato da fumatori incauti o maleducati che abbandonano i mozziconi. I danni che causa questo comportamento sono incalcolabili”. Anche per questo nel 2011 è stata riproposta la campagna “Ma il mare non vale una cicca?”, con distribuzione di posaceneri portatili ai bagnanti che non rinunciano alle bionde neanche in spiaggia.

Il coro unanime a difesa dell’ambiente non smorza però le perplessità sull’opportunità di chiudere i nostri litorali agli amanti della sigaretta. Un importante distinguo lo opera la dottoressa Elena Calvi, consulente del centro antifumo dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. «In termini di salute, la differenza dipende dalla distanza che c’è tra un bagnante fumatore e i suoi vicini. Se non vengono rispettate le distanze che impone la legge possiamo parlare di fumo passivo e pensare a dei provvedimenti, altrimenti si tratta di semplice fastidi». Spiacevole per qualcuno insomma, ma non così dannoso.

Diversa l’opinione dell’Adoc (Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori), come illustra il presidente Carlo Pileri: «Non siamo certo dei proibizionisti, crediamo nel libero arbitrio, ma ormai sulle nostre spiagge si sta attaccati a neanche 50 centimetri di distanza. La gente va al mare per respirare aria pura e invece trova nuvole di fumo».

«La questione – conclude la dottoressa Calvi – più che altro è culturale. Meno gente fuma attorno a noi, soprattutto attorno ai bambini e ai ragazzi, e meno questo comportamento attecchirà. Quello che deve passare un messaggio di benessere, un po’ come accadde, dopo il primo periodo di adattamento, ai tempi della legge Sirchia».

La discussione non è chiusa, ed è destinata a far parlare ancora. Anche perché, in mancanza di una legge di riferimento, tutto è affidato alla sensibilità dei singoli privati e delle amministrazioni locali.

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