Silvio Fanella e i diamanti: il mancato blitz nel 2012 e la banda della Magliana

di redazione Blitz
Pubblicato il 9 Luglio 2014 - 10:10 OLTRE 6 MESI FA
Silvio Fanella

Silvio Fanella

ROMA – Silvio Fanella e i diamanti, il tesoretto riconducibile a Gennaro Mokbel. Un rapimento, fallito, organizzato nell’agosto 2012 con la complicità di un ex membro della Banda della Magliana, evidentemente ancora attiva nella criminalità romana. E’ quello che emerge dall’indagine sull’omicidio di Silvio Fanella, il 41enne ucciso a Roma nell’appartamento alla Camilluccia dove stava scontando i domiciliari.

Il 29 agosto 2012 era stato programmato il suo rapimento. L’obiettivo: portarlo nella sua casa di campagna vicino Frosinone e lì farsi indicare il posto preciso dove nascondeva i diamanti, un tesoretto illecito.

Martedì i carabinieri hanno arrestato Roberto Macori e due complici provenienti da Potenza, Giovanni Plastino e Aniello Barbetta. Ma quel mancato rapimento era stato progettato, secondo gli investigatori, anche da uomini della Finanza e da un ex della banda della Magliana. Scrive il Messaggero:

L’azione programmata due anni fa e finita nel nulla, doveva vedere la partecipazione di almeno dieci persone, compreso un ex della banda della Magliana: «Il Barbetta chiedeva – riassumono i pm – a Plastino se la persona di bassa statura, loro complice, fosse di Roma o meno; Plastino confermando le origini capitoline, aggiungeva che la ”persona” a cui faceva riferimento, aveva militato nella banda della Magliana quindi non era un soggetto da sottovalutare».

IL PIANO IN CARCERE L’ex autista di Mokbel, Macori, avrebbe ideato il piano mentre si trovava nel carcere di Frosinone (lo stesso in cui sarebbe stato detenuto anche Fanella). Lì avrebbe conosciuto i futuri complici, collegati alla criminalità organizzata potentina: «Il Plastino (Giovanni, pure lui arrestato ieri ndr) raccontava come, nel corso della sua detenzione in carcere con Macori, aveva appreso che il denaro era stato interrato nel giardino di una villetta di proprietà della vittima del sequestro, villetta della quale il Macori possedeva le chiavi, ma dove non era riuscito a trovare il denaro, a causa dell’estensione della proprietà». L’azione, pensata per il 29 agosto 2012, era tutto sommato semplice. Fermare Fanella mentre lasciava il bar che frequentava di solito, a pochi passi dall’abitazione della madre nella periferia est della città. E semplice è anche la causa del fallimento: «La vittima si allontanava dall’abitazione a bordo di un’auto e non, come previsto, di un motociclo».