Caso Sindona, Andreotti sulla morte del liquidatore Ambrosoli: “Se l’è andata a cercare”

Pubblicato il 9 Settembre 2010 - 09:16 OLTRE 6 MESI FA

Giorgio Ambrosoli

Perché è stato ucciso Giorgio Ambrosoli? Perché se l’è cercata. Questa almeno è la tesi esposta dal senatore Giulio Andreotti alle telecamere di “La storia siamo noi”, nella puntata dedicata da Giovanni Minoli al liquidatore dell’impero di Michele Sindona, in onda questa sera alle 23:50 su Raidue.

La trasmissione ripercorre quella notte dell’11 luglio 1979: una cena in trattoria nel centro di Milano, una telefonata anonima, Ambrsosoli che risponde e sente solo silenzio. Scende ad accompagnare gli amici con cui ha visto un icnontro di boxe alla tv. Sta rincasando, quando il killer Joseph Arico gli dice: “Mi scusi, avvocato Ambrosoli”, e gli scarica addosso quattro pallottole.

Sulla motivazione che ha portato a quella serata, a quella morte, Andreotti ha dato la sua versione: “Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l’andava cercando”. Successivamente Andreotti ha corretto il tiro, dicendo di essere stato frainteso: “Sono molto dispiaciuto che una mia espressione di gergo romanesco abbia causato un grave fraintendimento sulle mie valutazioni delle tragiche circostanze della morte del dottor Ambrosoli”. Intendevo fare riferimento ai gravi rischi ai quali il dottor Ambrosoli si era consapevolmente esposto – è la spiegazione di Andreotti – con il difficile incarico assunto”.

Del resto il senatore a vita è sempre stato chiaro su come la pensava, definendo il bancarottiere Sindona “salvatore della lira” nel lontano settembre del 1973, pochi mesi prima del crac dell’ impero, al pranzo di gala al Waldorf Astoria di New York.

E proprio il “salvatore della lira” assolda Arico: 50mila dollari per far fuori quell’avocato scomodo.

Minoli racconta tutto, riprendendo dai suoi archivi una intervista a Sindona, in carcere in America per bancarotta. Ne racconta l’ascesa e l’epoca: gli anni ruggenti delle operazioni “all’americana”: opa, conglomerate, private equity. Fino al crollo del ’71, dopo l’opa sulla finanziaria Bastogi, fallita per l’opposizione del fondatore di Mediobanca, Enrico Cuccia.

Il tramonto di Sindona dall’America arriva all’Italia: il 25settembre 1974 Ambrosoli riceve dal governatore della Banca d’Italia Guido Carli l’incarico di “unico commissario liquidatore” della Banca Privata Italiana di Sindona.

Al suo fianco, l’ufficiale della Guardia di Finanza Silvio Novembre, e il sostegno del vicedirettore generale Mario Sarcinelli. Ma i due sono soli: contro di loro, come disse il governatore Paolo Baffi, “mezzo Italia” si muove per salvare Sindona.

Baffi e Sarcinelli respingono improbabili piani di salvataggio presentati loro anche da Franco Evangelisti, braccio destro di Andreotti, e svelano le trame di Roberto Calvi. Ma tutto questo lo pagheranno: Sarcinelli viene arrestato e a Baffi è risparmiato il carcere solo per l’età. Alla fine verranno prosciolti ma Baffi lascerà Via Nazionale.

E Ambrosoli sapeva che anche lui l’avrebbe pagata cara: nella lettera-testamento alla moglie, il 25 febbraio 1975, scrive: “In ogni caso pagherò a caro prezzo l’incarico”. I fatti gli hanno dato ragione.