Statali. Impronte digitali anti furbetti del cartellino: la norma è già morta

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Ottobre 2019 - 14:18 OLTRE 6 MESI FA
Statali, dietrofront sulle impronte digitali

Controlli biometrici

ROMA – Impronte digitali quando si timbra il cartellino: l’arma finale anti-furbetti, fiore all’occhiello dell’azione di governo dell’ex ministro Bongiorno, non è sopravvissuta al cambio di governo. Per vigilare sulla correttezza dei dipendenti statali saranno altre le modalità di controllo. Non certo quella che il nuovo ministro, Fabiana Dadone, reputa una misura poliziesca mortificante per i tanti dipendenti pubblici che al lavoro ci vanno in orario e senza trucchi.

Soprattutto c’è un problema di privacy, prontamente registrato dal Garante: per questo il provvedimento attuativo che avrebbe dovuto rendere effettiva la norma è finito sotto scrutinio con mille riserve per ottenere un nulla osta a questo punto più che compromesso. Ora anche la politica ha finito per rinunciarci.

Dadone: “Uso criminalizzante della tecnologia”

La rilevazione delle impronte digitali dei dipendenti pubblici per stanare i furbetti del cartellino rappresenta “un uso criminalizzante della tecnologia” con l’effetto di deprimere “anche chi ogni mattina si reca sul posto di lavoro con energia ed entusiasmo”. Così la ministra per la Pubblica amministrazione, Fabiana Danone, in un’intervista a Italia Oggi in cui spiega il perché del dietrofront su questa misura.

Controlli biometrici cancellati

Al ministero della P.a si sta lavorando a una revisione della disciplina scaturita dalla legge Concretezza, entrata in vigore sotto il precedente Governo. C’è innanzitutto da intervenire sulla questione delle impronte digitali anti-furbetti, il provvedimento attuativo sui cui è arrivato anche l’altolà del Garante della Privacy, tenuto a esprimere un parare. I cosiddetti controlli biometrici saranno cancellati, secondo quanto si apprende invece si sta ragionando sul modo migliore di utilizzare i sistemi di video-sorveglianza per contrastare gli abusi.

I paletti del Garante della Privacy

Nel parere del Garante della Privacy sul regolamento attuativo, firmato da Giulia Bongiorno, con puntuali “osservazioni” si suggerisce alle amministrazioni di procedere con una “valutazione di impatto” prima di istallare sistemi di verifica per mezzo di impronte digitali o di iride. Dopo di che si dovrebbero individuare “le categorie di interessati, in ragione delle mansioni svolte, circoscrivendo il numero di soggetti da sottoporre ai controlli”.

Andrebbero poi anche rilevati “ulteriori presupposti”, partendo da “condizioni più specifiche, anche ambientali”. Insomma il Garante non ritiene giustificabile l’adozione generalizzata, obbligatoria per tutta la P.a, di sistemi controllo “biometrico”. Sarebbe, questa è la tesi, contraria al principio di proporzionalità, così come argomentato anche nella giurisprudenza.

C’è inoltre una questione che riguarda la conservazione dei dati. Non basta la trasformazione in codice alfanumerico. Per il Garante “i dati biometrici forniti dagli interessati al momento del passaggio verso i varchi di accesso non possono essere memorizzati, se non per il tempo strettamente necessario alla verifica, avvenuta la quale devono essere immediatamente cancellati”.

Preferibile la video-sorveglianza

Ecco che l’accesso a questi dati, è la raccomandazione, deve essere selettivo e devono essere assicurati elevati livelli di sicurezza. L’Authority ribadisce quindi tutto quel che già non andava nella legge Concretezza della ex ministra della P.a Bongiorno. A partire dalla contemporaneità di due meccanismi: verifiche tramite impronte digitali e video-sorveglianza. Ora Fabiana Dadone, che ha preso il posto di Bongiorno a Palazzo Vidoni, non penserebbe neppure a rimodulare, ammorbidendola, la disciplina sulle impronte, che verrebbe del tutto accantonata. Si ragiona invece sui sistemi di video-sorveglianza da piazzare nel rispetto di determinati paletti. (fonte Ansa)