ROMA – “Bisogna avere spirito di corpo, se c’è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare”. Le intercettazioni sospette sulla morte di Stefano Cucchi non si limitano alle indagini passate e ancora aperte su quella vicenda, ma riguardano anche il processo in corso a carico di cinque carabinieri, accusati di omicidio preterintenzionale e falso. La Procura di Roma ha infatti depositato agli atti di quel procedimento un’intercettazione telefonica risalente al novembre scorso, dalla quale emerge il presunto tentativo di avvicinare un militare dell’Arma che doveva testimoniare al processo, nel quale si fa riferimento appunto allo “spirito di corpo” e alla necessità di “aiutare i colleghi in difficoltà”.
Il carabiniere a cui sarebbero state indirizzate queste raccomandazioni è stato poi convocato in aula, e durante la sua deposizione tentò di modificare alcune sue precedenti dichiarazioni che potevano aggravare la posizione di alcuni imputati. Solo dopo le contestazioni del pubblico ministero Giovanni Musarò (che già conosceva l’intercettazione oggi resa nota alle altre parti), il testimone tornò sui suoi passi e confermò quello che aveva già detto.
La conversazione telefonica tra i due carabinieri è stata intercettata il 6 novembre scorso e la trascrizione è contenuta in una nota della squadra mobile di Roma del 17 gennaio ed è stata depositata agli atti del processo.