Strage ciclisti a Lamezia Terme, l’urlo di una madre: “Figlio mio, figlio mio”

Pubblicato il 6 Dicembre 2010 - 12:20 OLTRE 6 MESI FA

”Figlio mio. Figlio mio”. L’urlo e il pianto strazianti di una madre che ha perso il figlio echeggiano nel sotterraneo dell’ospedale di Lamezia Terme dove è ubicato l’obitorio all’interno del quale sono stati composti i corpi dei sette ciclisti morti domenica nell’incidente stradale. Seduta su una panchina, attorniata da parenti ed amici, la donna sta vivendo il momento più atroce che una mamma può provare nella sua vita: la morte del proprio figlio.

Un po’ più in la, nel corridoio che porta all’obitorio, volontari e poliziotti, attoniti osservano quanto sta accadendo tutto intorno. Sgomenti, come sgomenta è tutta la città. Lamezia Terme sembra essersi svegliata in un’atmosfera surreale, ovattata. In città non si parla d’altro, nei bar, nelle scuole, negli uffici ognuno cerca di capire di comprendere. Si leggono i giornali, si commentano le immagini viste in tv.

In quasi ogni famiglia c’è qualcuno che conosce un morto, un ferito, un familiare. E così l’area antistante l’obitorio è un via vai di gente comune, parenti, amici, sacerdoti, che vogliono portare l’ultimo saluto ai loro cari, ai loro parrocchiani.