Strage Erba: per la difesa “Olindo e Rosa sono degli ingenuotti dipinti come lupi”

Pubblicato il 24 Marzo 2010 - 16:56 OLTRE 6 MESI FA

«Due ingenuotti dipinti come lupi»: così l’avvocato Fabio Schembri, difende Olindo Romano e Rosa Bazzi, nel processo d’appello per la strage di Erba, definisce i suoi assistiti. Il legale ha contestato la genuinità e veridicità delle confessioni rese dai due imputati, condannati all’ergastolo in primo grado. «Nelle loro confessioni – ha spiegato ci sono 243 errori, uno ogni 30 secondi, dove per errori si intendono tutti i “non lo so”, “non mi ricordo”». Secondo Schembri, la confessione di Olindo viene raccontata «come una favola, come al bar parlando di una partita di calcio di cui non si sa chi è il marcatore perché la partita non l’ha vista non gliel’hanno raccontata, ma la inventa».

Dunque, non ci sono confessioni “dettagliatissime” e sovrapponibili da parte di Olindo e Rosa, come avuto sostenuto nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Nunzia Gatto. «Dovete analizzare molto bene queste confessioni – ha detto Schembri rivolgendosi ai giudici – perché sono belle da ascoltare, suggestive, ma non hanno riscontri nè sovrapposizioni. Queste confessioni non sono altro che un collage di pezzi. Per esempio, non sappiamo neppure dove si sarebbero lavati dopo gli omicidi. Insomma, questa è una storia inverosimile che fa a pugni con la scienza».

Schembri torna poi, come già fatto nell’arringa in primo grado, alla teoria che le confessioni sarebbero state estorte dagli investigatori, “giocando” sulla volontà dei coniugi di proteggersi l’uno con l’altro. «È il carabiniere Finocchiaro – spiega il legale – a suggerire a Olindo di confessare per mandare a casa la moglie e avere uno sconto di pena. In una intercettazione ambientale del 10 gennaio 2007, Olindo lo spiega alla moglie, che gli risponde: “Ma cosa c’è da confessare se non siamo stati noi?”».