Stupro di gruppo. Corte costituzionale: carcere non obbligatorio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Luglio 2013 - 18:19| Aggiornato il 24 Luglio 2013 OLTRE 6 MESI FA
Stupro di gruppo, sì alle misure alternative al carcere: lo dice la Consulta

Stupro di gruppo, sì alle misure alternative al carcere: lo dice la Consulta

ROMA – Per lo stupro di gruppo non può essere prevista solo la custodia cautelare in carcere. Devono essere vagliate anche le misure detentive alternative, come i domiciliari, a seconda delle “esigenze cautelari” del caso. E’ quello che dice la Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275, comma 3, terzo periodo, del codice di procedura penale.

La norma ‘bocciata’ dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.232 depositata oggi, relatore il giudice Giorgio Lattanzi, prevede che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per il delitto di violenza sessuale di gruppo si applica unicamente la custodia cautelare in carcere. Ora la Consulta ha stabilito che, se in relazione al caso concreto, emerga che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure, il giudice può applicarle. Nella sentenza, peraltro, la Corte conferma la gravità del reato, da considerare tra quelli più ”odiosi e riprovevoli”. Ma la ”più intensa lesione del bene della libertà sessuale”, ”non offre un fondamento giustificativo costituzionalmente valido al regime cautelare speciale previsto dalla norma censurata”, scrive la Corte.

Alla base del pronunciamento una questione di legittimità sollevata dalla sezione riesame del Tribunale di Salerno. Richiamando anche precedenti decisioni la Consulta ricorda in sentenza come ”la disciplina delle misure cautelari debba essere ispirata al criterio del ‘minore sacrificio necessario ‘: la compressione della libertà personale deve essere, pertanto, contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto. Ciò impegna il legislatore, da una parte, a strutturare il sistema cautelare secondo il modello della ‘pluralità graduata’, predisponendo una gamma di misure alternative, connotate da differenti gradi di incidenza sulla libertà personale, e, dall’altra, a prefigurare criteri per scelte ‘individualizzanti ‘ del trattamento cautelare, parametrate sulle esigenze configurabili nelle singole fattispecie concrete”.