Svizzeri contro italiani: “Loro costano troppo poco, noi senza lavoro”. E’ sciopero

Pubblicato il 17 Luglio 2012 - 09:41 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – I lavoratori svizzeri scendono in piazza contro gli italiani. Uno sciopero a Bellinzona, nel Canton Ticino, contro gli operai a basso costo che hanno fatto crollare i prezzi del 40%. I sindacati elvetici hanno sottolineato che non si tratta di una protesta contro gli italiani, ma contro i prezzi e lo sfruttamento. Nel momento del boom edilizio imprenditori ed artigiani italiani hanno oltrepassato il confine, aggiudicandosi 11 mila lavori con prezzi che non rispettano i salari minimi imposti dalla Svizzera.

Sergio Aureli, dirigente del sindacato svizzero Unia, ha detto: “Adesso direte che questa è una protesta contro gli italiani, ma non è così… Il settore della posa del ferro – racconta Aureli – è divenuto terreno di conquista per speculatori senza scrupoli che arrecano danni all’economia e alimentano fenomeni di sfruttamento e di messa in concorrenza tra salariati. Con l’arrivo in massa delle ditte italiane i prezzi di mercato sono precipitati del 35-40%”.

Aureli ha poi sottolineato che non si tratta di un risentimento anti-italiano: “Ma il nostro è uno sciopero contro chi non rispetta le regole. Gli italiani possono lavorare, ma devono rispettare i patti, cominciando dai minimi salariali in vigore da noi: chi lavora in Ticino deve essere pagato secondo i contratti svizzeri”.

Il dubbio degli elvetici è che non si tratti di un flusso di artigiano quello dall’Italia, ma di dipendenti di grandi imprenditori mascherati da piccoli lavoratori, spiega Aureli: “E questo è il punto controverso perché secondo noi, invece, si tratta di dipendenti mascherati da lavoratori autonomi attraverso una fittizia catena di subappalti. E contro questo meccanismo di dumping selvaggio scendiamo in piazza”.

Fausto Cacciatori, presidente di Cna Lombardia, una delle sigle dei piccoli imprenditori, ha replicato: “Quella di domani è un’iniziativa che non quadra. Non quadra col marketing aggressivo posto in atto soprattutto dal Canton Ticino. Solo qui un centinaio di imprese hanno delocalizzato grazie a promesse di sgravi fiscali, burocrazia snella e infrastrutture efficienti. Ciò che sta accadendo rientra nelle normali dinamiche di risposta ai grandi cambiamenti degli ultimi dieci anni. Chi ha il dovere di verificare eventuali irregolarità lo faccia; questo vale sia per l’Italia che per la Svizzera”.