L’avvocato di Tarantini? Pagato da Berlusconi

Pubblicato il 9 Settembre 2011 - 11:58 OLTRE 6 MESI FA

Gianpaolo Tarantini (Foto LaPresse)

ROMA – Giorgio Perroni, l’avvocato dell’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini, sarebbe pagato dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Scrive sul Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini che, secondo quanto avrebbe spiegato lo stesso Perroni ai pubblici ministeri di Napoli che lo hanno interrogato il 2 settembre scorso, “nel settembre 2010 mi chiamò il presidente onorevole Berlusconi e mi chiese di assumere la difesa di Tarantini. Subito dopo io chiamai l’avvocato Ghedini al quale comunicai tale circostanza. Ghedini si limitò a dirmi che Tarantini non si era trovato bene con il precedente difensore”. Anche Tarantini, scrive Sarzanini, avrebbe confermato di non aver mai pagato le spese legali “perché provvedeva direttamente Berlusconi”.

Dalle nuove carte processuali, scrive Sarzanini, emergerebbero dunque “nuovi e importanti dettagli sulla volontà del capo del governo di tenere «sotto controllo» l’uomo che nel 2009 aveva reclutato per lui decine di donne da portare alle feste, prima fra tutte Patrizia D’Addario”.

Avrebbe detto Tarantini: “Berlusconi finché c’è il processo mi tiene, finché Tarantini esce con nome, con le donne, con le intercettazioni Tarantini è vivo, anche il rapporto… Se domani mattina non c’è più un legame tra me e Berlusconi dal punto di vista della giustizia, non c’è più niente e Berlusconi mi dimentica, proprio mi abbandona, come faccio io poi ad avere altri rapporti con Berlusconi? Berlusconi aiuta tutti”.

L’imprenditore barese cita “Dell’Utri, Lele Mora, le ragazze…”. Poi aggiunge: “Io prima Berlusconi lo frequentavo e avevo un rapporto diretto, ci andavo ogni giorno a cena, ci vedevano, nessuno mi poteva dire niente, lo chiamavo, lui mi rispondeva, andavo a casa sua, non avevo neanche bisogno di passare attraverso le segreterie, salivo su, “buongiorno ciao come stai”. Oggi ho un intermediario, l’unica cosa che mi lega è il processo in cui purtroppo è coinvolto lui che non c’entra nulla. Domani mattina chiude il processo, questo qua intermediario che è un mascalzone, che mi ha rubato i soldi, finisce che io che faccio, muoio di fame?”.

Tarantini sa che il legame deve ormai passare per Lavitola: “Io da Lavitola ero terrorizzato perché era l’unico mezzo, l’unico bancomat che Gianpaolo andava e prelevava i soldi per far mangiare le figlie, la moglie, il fratello e la mamma. Io non ho mai pensato di ricattare Berlusconi, è Lavitola che forse lo ricattava… Ma poi mettiamo il caso che la persona più potente del mondo, tra le persone più potenti, viene a sapere che Tarantini c’ha l’idea del ricatto. Le assicuro, conoscendolo, mi distrugge, mi ammazza! Mi ammazza che mi leva i viveri, mi distrugge mediaticamente con le televisioni, mi distrugge con i giornali: che io sono scemo?! Sono scemo per Lavitola, perché mi dà i soldi, ma mai potrei pensare di fare una cosa…”.

I magistrati gli chiedono le modalità di pagamento e Tarantini afferma: “Lavitola anticipava e poi veniva rimborsato. Mia moglie e lui preparavano il totale ogni mese, ogni due mesi… Mia moglie andava da Fabio Sansivieri (collaboratore di Lavitola, ndr ) e si faceva dare i soldi… Erano in buste con la chiusura Security, sempre differenti, a volte erano da cinquecento, a volte erano da cento, spesso da cinquecento euro… Per la vacanza ci diede 20 mila euro, ne ho dati metà a mio fratello, cinquemila a mia mamma”.