Una settimana fa il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, attaccava l’Iran, il suo regime di repressione e la sua minaccia nucleare. Equiparava Ahmadinejad ad Hitler, parlava di supportare l’opposizione a Teheran, parlava anche di ritirare l’Eni dal Paese. L’Iran reagiva con parole dure e con minacce velate. Oggi, ad una settimana da quegli avvenimenti, arriva il primo segnale di allarme: l’assalto delle milizie paramilitari all’ambasciata italiana a Teheran e le nuove accuse al nostro Paese.
A rischiare di più, e sul territorio, ora sono le aziende italiane che sono in Iran. Rischiano le ritorsioni del regime. E per loro l’Italia rischia il nervosismo della comunità internazionale, che mal sopporta l’idea che il nostro Paese prima parli di sanzioni a Teheran e poi investa sul territorio iraniano.
In Iran sono presenti diverse grandi imprese italiane, oltre ad una serie di aziende di medio-grandi dimensioni. Nella lista stilata dall’Ice delle imprese presenti a vario titolo nel Paese, i nomi di spicco sono quelli di Fiat, Eni, Edison, Finmeccanica e Tecnimont, ma l’istituto ricorda anche come le aziende italiane siano «attive in prevalenza nei settori petrolifero, siderurgico, energetico, petrolchimico, automobilistico, delle costruzioni, delle macchine ed apparecchi meccanici».
L’Ice ricorda inoltre «che le sanzioni internazionali ostacolano pesantemente gli investimenti stranieri nel settore dell’energia (petrolio e gas) limitando anche la presenza dei gruppi italiani interessati (Eni-Enel-Edison-Tecnimont)».
ENI: l’attività è concentrata nell’offshore del Golfo Persico e nell’onshore prospiciente. Nel 2008, la produzione di petrolio in Iran è stata di 28 mila barili di olio al giorno ed é stata fornita principalmente dai due giacimenti South Pars 4 & 5 (Eni operatore, 60%) nell’offshore e Darquain nell’onshore. Eni ha già annunciato di non voler avviare nuovi contratti nel Paese.
EDISON: nel gennaio 2008 ha firmato un contratto per l’esplorazione di idrocarburi, aggiudicandosi la gara per l’esplorazione nel blocco offshore di Dayyer che si estende su una superficie di 8.600 chilometri quadrati nel Golfo Persico. L’investimento iniziale della società milanese sarà di 30 milioni di euro.
FINMECCANICA: due progetti in fase di esaurimento. Ansaldo Energia è attiva in Iran dagli anni ’80 ma l’ultimo progetto risale al 2004, con la partecipazione alla costruzione di quattro centrali elettriche, mentre Fata ha in corso di realizzazione un impianto di oltre 300 milioni di euro per la produzione di alluminio primario a Bandar Abbas, nel Sud dell’Iran.
FIAT: l’a.d. Sergio Marchionne, secondo ricostruzioni di stampa odierna, ha rassicurato la Sec statunitense sui rapporti della controllata Cnh con l’Iran. Al momento il Lingotto esporta solamente tecnologia per le auto dual-use, che vanno sia a benzina sia a gpl.