Terme di Caracalla: va in scena l’emarginazione. Rovine-dormitorio di senzatetto

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Agosto 2014 - 16:53 OLTRE 6 MESI FA
Terme di Caracalla: va in scena l'emarginazione. Rovine-dormitorio di senzatetto

Terme di Caracalla: va in scena l’emarginazione. Rovine-dormitorio di senzatetto (Messaggero)

ROMA – Le Terme di Caracalla, una delle aree archeologiche simbolo di Roma, sono utilizzate come dormitorio da una variopinta platea di senzatetto. Lo racconta un articolo di Elena Panarella sul Messaggero, che descrive un mondo di poveri che dimora fra le rovine delle terme fatte costruire dall’imperatore Caracalla sull’Aventino fra il 212 e il 217, lì dove in questi giorni si sta tenendo la stagione estiva del Teatro dell’Opera:

“Basta scavalcare la prima rete e il gioco è fatto: riesci a mettere su un dormitorio tra le antiche mura coperte da volte a botte (che non rientrano nel percorso di visita, tant’è vero che sono tutte transennate) e che si affacciano proprio su via delle Terme di Caracalla, a ridosso dell’ingresso del complesso archeologico. […] Ma per scoprire realmente questo mondo sommerso bisogna superare una seconda rete: sacchi a pelo, fornelletti a gas, pentole, teli, bustoni. Su un tubo hanno sistemato tutti i loro effetti personali: lamette, spazzolini, pettini, sigarette, bagnoschiuma, scatole di crema. A pochi metri la vergogna: una piccola latrina a cielo aperto. È l’indecente cartolina di Roma che sono costretti a guardare quei turisti che armati di guide e cartine s’inoltrano nel cuore della Storia”.

Alle Terme di Caracalla, “dove i romani giocavano a palla”, come cantava Clara Cajone, vanno in scena storie di emarginazione. Storie che provano a nascondersi nel ventre archeologico di Roma:

“Sono davvero tanti i senza fissa dimora che (soprav)vivono a Roma. Certo, in questo caso le statistiche ballano molto e dicono poco. Basta cambiare nome (emarginati, profughi, senzatetto, poveri) o contare anche l’esercito degli extracomunitari che la cerchia dei disperati si allarga e si restringe come un elastico. Uomini, donne, bambini. Ma anche pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese con quattro, cinquecento euro: un popolo di disperati, tollerati quanto più capaci di rendersi invisibili. Storie diverse, ma con un filo comune a tenerle insieme: sono persone che non hanno più una casa. E allora non rimane che la strada. In centro (lungo gli argini del Tevere ma anche a due passi dal Colosseo, Castel Sant’angelo e San Pietro) vivono in tanti. Italiani, romeni, moldavi «non importa da quale Paese arrivano, perché la povertà non ha nazionalità», commenta Ines, una giovane spagnola in vacanza a Roma”.