Terremoto a L’Aquila. Cassazione: “Il processo per crollo resta qui”

Pubblicato il 22 Marzo 2012 - 16:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Rimane a L’Aquila il processo per il crollo – durante il terremoto del 6 aprile 2009 – della palazzina di Via XX Settembre, a L’Aquila, nel quale morirono cinque persone. Lo ha deciso la Cassazione che ha respinto la richiesta di spostare il procedimento in un’altra sede avanzata da uno dei tre indagati, il collaudatore statico dell’edificio, Leonardo Carulli. Il tecnico sosteneva che nel capoluogo abruzzese non ci sarebbe la serenita’ necessaria per affrontare la causa per la troppa emotività ambientale.

Ad avviso della Suprema Corte – sentenza 11208 depositata oggi e relativa all’udienza svoltasi lo scorso 18 gennaio – “è in corso una indagine che ha preminente contenuto scientifico e che si attua con indagine peritale”, pertanto è da escludersi che “possa verificarsi l’interferenza di fattori emotivi in grado di vulnerare l’oggettività delle ponderazioni in corso”.

Senza successo Carulli – che collaudò la palazzina di edilizia popolare nel 1959 – ha insistito nel dire che a L’Aquila c’è una “situazione pregiudizievole alla libera determinazione delle persone che partecipano al processo; giudici, persone offese, parti civili, testimoni e consulenti: tutti hanno avuto la vita distrutta o nella migliore delle ipotesi stravolta”. E poi, ha aggiunto il tecnico (87 anni), “è passato poco tempo dal tragico giorno e si vive ancora in un clima pesante: la terzietà del giudice è a rischio, i periti svolgono attività nell’Università de L’Aquila. Meglio trasferire il processo, come accadde per quello del Vajont”.

Ma queste obiezioni sul rischio di inquinamenti emotivi, ha replicato la Cassazione, riguardano le questioni “che afferiscono precipuamente al sisma, alla sua evoluzione, alla sua prevedibilità, alla possibilità di configurare la responsabilità di alcuno per la mancata adozione di misure che avrebbero potuto evitare le conseguenze più gravi e dolorose dell’evento”.

Per i supremi giudici, nel processo per il crollo di Via XX Settembre, “non si configura analogia con il caso del Vajont, nel quale si discuteva proprio di tecniche di realizzazione dell’invaso montano, delle cause del disastro, delle condotte colpose dei soggetti a vario titolo coinvolti nella sicurezza dell’opera”.   Confermata, dunque, l’ordinanza emessa dal gup aquilano il 28 maggio 2011 che aveva dato il via al procedimento penale nel quale oltre ai familiari delle vittime sono costituiti parte civile anche il Comune e l’Ater provinciale, l’istituto dell’edilizia popolare.