Terremoto emiliano, problema italiano: aziende chiuse, 13mila lavoratori a casa

Pubblicato il 23 Maggio 2012 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA

Foto Lapresse

FERRARA – C’è la fabbrica di ceramica, gioiello della tecnologia mondiale. C’è quella dei laminati, collassata. C’è l’intera “food valley”, come chiamano da queste parti l’area dove si producono parmigiano e aceto balsamico, in ginocchio. Il terremoto dell’Emilia lo si può considerare anche con altri numeri. Ci sono le 7 vittime, i 5.262 sfollati. Ma ci sono anche i 13mila lavoratori a casa, le decine di aziende ferme. E’ l’effetto secondario, ma non troppo, del sisma di domencia: una delle aree produttrici più ricche del Paese, ferma. Con le ripercussioni immaginabili sull’intera economia nazionale.

L’industria La Ceramica, di Ennio Mannuzzi, sta tenendo a casa 360 lavoratori. Dopo il terremoto l’area non è sicura. A Sant’Agostino c’è la Tecopress dei laminati. Un capannone accartocciato e 200 lavoratori fermi. Il sindaco di Sant’Agostino, Fabrizio Toselli, ha fatto qualche conto: “Una quarantina di fabbriche chiuse e circa mille lavoratori a casa”.

Ti sposti tra le province di Ferrara e Mantova e non va meglio. Qui c’è il 5% della produzione agricola nazionale, marchi come Parmigiano reggiano, Aceto di Modena, Lambrusco. E oggi ci sono 200 aziende chiuse: 13mila lavoratori a casa secondo la Cgil. Per rimettere in piedi questo pezzo d’Italia servono soldi e in tempo di crisi non sarà facile. In zona, la Vm Motori aveva previsto 309 nuove assunzioni per il motore diesel V6. Un investimento da 20 milioni l’anno. Che difficilmente diventerà realtà.