San Carlo (Ferrara), il paese condannato a sprofondare: “Fenomeno irreversibile”

Pubblicato il 28 Maggio 2012 - 09:31 OLTRE 6 MESI FA

Edifici distrutti dal terremoto a Sant'Agostino (Foto LaPresse)

SAN CARLO DI SANT’AGOSTINO (FERRARA) – Voragini nel terreno, profonde metri, che non spariranno più: tra gli effetti del terremoto in Emilia ci sono anche queste. Grandi crepe nelle strade e nei campi da cui fuoriesce melma, come scrive il Corriere della Sera. Le scosse (430 nella settimana dal 20 al 27 maggio), hanno fatto esplodere gli strati superficiali della crosta terrestre, comprimere le falde acquifere e sollevando o abbassando gli edifici in superficie.

E’ successo a San Carlo di Sant’Agostino, in provincia di Ferrara, tra i Comuni più colpiti dal sisma del 20 maggio. Ormai il paese è una frazione fantasma: dei 1.800 abitanti 250 sono stati evacuati, ma molti altri hanno deciso di andarsene da parenti e amici, e così non possono essere censiti.

Nel paese manca il gas. L’acqua c’è, ma nessuno la beve senza averla prima fatta bollire.

Gli ingegneri del Politecnico di Torino e della Regione Piemonte hanno spiegato al Corriere della Sera: “Abbiamo trovato diverse conchiglie, questa è sabbia di fiume. Con questo terreno, anche la struttura più solida collassa. Succede poche volte, ma qui il fenomeno si è verificato”.

Enzo Boschi, professore ordinario di Geofisica della terra solida all’Università di Bologna chiarisce: “Dobbiamo immaginare la falda acquifera come una spugna, che è stata strizzata velocemente dal sisma. Il fango è stato disperso, il terreno ha ceduto. La modifica della struttura del suolo, una volta che si asciuga, diventa irreversibile. Ed è molto pericoloso per la stabilità delle costruzioni. Di sicuro c’è stata una sottovalutazione. L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia aveva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nel 2003 una mappa di pericolosità sismica e queste zone erano state tutte classificate. Bisognava porsi il problema allora. Questi paesi della Val Padana sono stati costruiti sui depositi alluvionali del Po”.