Terremoto, sismologo: “Ora temo la faglia tra Montereale e Campotosto”
Pubblicato il 2 Novembre 2016 - 08:36 OLTRE 6 MESI FA
ROMA – “Ora temo la faglia tra Montereale e Campotosto”. Dopo la violenta scossa di domenica 30 ottobre nei pressi di Norcia, di magnitudo 6.5, la preoccupazione principale, in Abruzzo, è legata ai possibili effetti sulla faglia che collega Montereale a Campotosto. Lo dice il sismologo Christian Del Pinto.
“E’ la struttura che più mi fa temere – dice – A parte la vicinanza con il lago, sono svariati secoli che non genera un sisma degno di questo nome. Nel momento in cui c’è una crisi come quella di Amatrice, è naturale che parte di quell’energia venisse raccolta dalle strutture sismogenetiche adiacenti. Non ci dimentichiamo, però, che Amatrice non ha solo strutture adiacenti a nord, ma anche a sud”. Tra queste ultime, appunto, c’è Montereale, silente da troppo tempo. “Nel 2010 diede luogo a uno sciametto – dice Del Pinto – ma esistono modelli che addirittura parlano di 3.500 anni fa per trovare un sisma rilevante, diciamo tra 5.5 e 6 Richter. Una struttura come quella non ha ricevuto energia solo dai fatti di Amatrice o L’Aquila, ma da tutte le crisi sismiche che si sono succedute negli ultimi 3.500 anni, molte delle quali sono anche sconosciute”.
Come scrive Stefano Dascoli per Il Messaggero: Ecco perché Del Pinto sostiene la necessità di prevenzione, di reti diffuse di monitoraggio, di modelli sismici da arricchire giorno dopo giorno con i dati. Sempre nell’ottica dell’analisi, secondo il sismologo non sono molto attinenti le analogie con la sequenza del 1703: “Prima di assestare la zona di Amatrice ci vorrà del tempo. E contemporaneamente ci saranno eventi anche oltre, sulla faglia dei monti Sibillini. Il trasferimento di energia non è uno spostamento. Quanto al 1703 nulla si può escludere, ma secondo me ogni terremoto è diverso dagli altri. Quando si rimescolano le carte in una zona le cose cambiano. Esistono modelli statistici che usano la memoria, come se ci fossero situazioni standard. Ma le condizioni mutano. Non si può dire che una crisi del 2016 può essere simile a una del 1703: il territorio allora era diverso”.