Terrorismo: sostenevano Isis, 2 arresti a Brescia. Volevano colpire base militare FOTO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Luglio 2015 - 08:13 OLTRE 6 MESI FA

BRESCIA – Due simpatizzanti Isis che vivevano in Italia e su internet minacciavano attentati a Roma e Milano sono stati arrestati a Brescia. Ad eseguire l’arresto, avvenuto  nelle prime ore del mattino di oggi 22 luglio a Brescia, la polizia di Milano. I due sono accusati  di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico. Secondo gli investigatori, i due, volevano tra gli altri obiettivi colpire la base militare di Ghedi, in provincia di Brescia. 

Le indagini, condotte dagli uomini della Digos e del servizio Polizia postale, hanno permesso di accertare che gli indagati, sostenitori dell’organizzazione terroristica Isis, svolgevano continuativa attività di istigazione pubblica in rete.

I due arrestati dalla Polizia di Milano, un tunisino e un pakistano, aveva creato l’account twitter ‘Islamic_State in Rom’ e progettavano azioni terroristiche. Sulla piattaforma – spiegano gli investigatori – messaggi minacciosi a firma Islamic State: sullo sfondo alcuni luoghi simbolo, a Roma e Milano.

I messaggi. “Siamo nelle vostre strade. Siamo ovunque. Stiamo localizzando gli obiettivi, in attesa dell’ora X”. Questi alcuni dei messaggi, scritti a penna, in italiano, arabo e francese, su dei foglietti tenuti in mano e, sullo sfondo, alcuni luoghi simbolo come il Colosseo, il Duomo o la stazione di Milano. Immortalati anche mezzi della Polizia di Stato e della Polizia locale, fermate della metropolitana, tratti autostradali e bandiere dell’Expo.

I due arrestati  lavoravano da anni in Italia, uno come operaio e manovale e l’altro nel settore delle pulizie. L’indagine è stata rapida, è scattata circa tre mesi fa dopo le prime segnalazioni della Polizia postale su quei messaggi minatori online ed ha portato stamani agli arresti.    Il 26 aprile scorso, infatti, avevano iniziato a circolare sul web foto con testi minatori e di propaganda jihadista il cui messaggio, in sostanza, era “siamo nelle vostre strade”, ossia si sosteneva che l’Isis era arrivato anche a Roma e Milano.

Il manuale del Jihadista occidentale. Il tunisino e il pakistano arrestati nell’operazione antiterrorismo, oltre a parlare di obiettivi da colpire in Italia e di partire per la Siria per addestrarsi e combattere con l’Is, avevano scaricato dalla rete un manuale per i ‘mujahidin occidentali’. E’ emerso dalla conferenza stampa a Milano a cui hanno preso parte, tra gli altri, il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, il direttore del Servizio centrale antiterrorismo della polizia, Lamberto Giannini e il capo della Digos di Milano Claudio Ciccimarra.

Il manuale, che il tunisino avrebbe girato a quello pakistano dopo averlo scaricato dalla rete, si intitola ‘How to survive in the West’, una guida di “autoaddestramento” per mujahidin che vivono in Occidente composta di 12 capitoli. Si va da “come nascondere l’identità da estremista” a come “guadagnare soldi” alla “internet privacy” fino alle armi “primitive e moderne”, alle “bombe fatte in casa” e allo “scappare per salvarsi”. Come è stato ricostruito nella conferenza stampa, il tunisino, in particolare, nelle conversazioni intercettate dell’ultimo periodo, “a prescindere dall’addestramento per partire per la Siria, mostrava preferenza per azioni di attentati da compiere in Italia” e, dopo che il cruscotto della sua auto è apparso in uno dei selfie di minacce, il 35enne aveva venduto subito la macchina.

Dopo che, a fine aprile scorso, erano apparse sulla stampa le foto con i messaggi minatori “alle istituzioni italiane”, i 2 presunti terroristi avevano rallentato la loro attività telematica fino all’oscuramento degli account di Twitter usati per la propaganda jihadista. Per il direttore del Servizio centrale antiterrorismo della polizia di Stato Lamberto Giannini, la “ingenuità” da parte dei due presunti jihadisti di postare le foto minatorie sugli account “non è fattore di minore pericolosità, anche perchè i due volevano portare un messaggio di paura”. In alcuni post gli arrestati scrivevano “noi siamo i mujahidin”.