Torino, le impronte svelano l’assassino di due donne uccise per rapina

Pubblicato il 2 Dicembre 2010 - 12:52 OLTRE 6 MESI FA

Nuove e sofisticate tecnologie investigative hanno consentito alla Polizia di risolvere due ‘gialli’ relativi agli omicidi di due anziane donne ammazzate in maniera brutale per rapina negli anni scorsi a Torino.

Le nuove tecniche hanno consentito di analizzare in maniera più efficace le impronte digitali che hanno condotto gli investigatori al responsabile dei delitti, un cittadino marocchino morto per una malattia nel 2005.

I due delitti – ha spiegato stamani il Procuratore di Torino, Giancarlo Caselli – sono stati compiuti con modalità ”sintomatici di comportamenti seriali”.

L’ultimo dei due delitti è quello di Clotilde Zambrini, una pensionata di 73 anni che fu trovata senza vita nel suo alloggio torinese, in via Cadorna 28, il 10 settembre 2003. L’assassino, dopo averla percossa e strangolata con un collant, le aveva trafitto la nuca con la punta di un trapano.

Il giallo era rimasto senza soluzione ma, dopo qualche anno, era entrato al vaglio dei pubblici ministeri della speciale sezione ”Cold Case” creata a Torino dal procuratore capo Gian Carlo Caselli, che avevano riaperto il fascicolo.

Un’intuizione dei tecnici del gabinetto di polizia scientifica – diretto da Domenico Albano – ha portato, lo scorso aprile, a riesaminare un’impronta digitale parziale reperita sulla confezione dei collant: utilizzando un nuovo metodo di studio, è stato possibile ricostruire l’impronta e, grazie all’accesso diretto alle banche dati del Ministero, attribuirla a un marocchino, Driss Et Tsouli, nato nel 1955.

A quel punto è entrata in scena, insieme alla squadra mobile guidata da Sergio Molino, anche l’Unità delitti insoluti della direzione centrale anticrimine della polizia. Si è arrivati così a dare un nome al presunto autore dell’omicidio di Maria Carolina Canavese, uccisa il 28 gennaio 1997, a 82 anni, nel proprio appartamento in via Pinerolo 22: l’assassino, dopo averla strangolata, infieri’ sul corpo con una bottiglia.

Decisivo, per l’identificazione del sospettato, è stata l’analisi del campione di saliva prelevato su un parente del marocchino. Et Tsouli all’epoca dei fatti lavorava come idraulico nella ditta che serviva i condomini in cui risiedevano le due vittime e che, poco prima dei delitti, aveva svolto delle riparazioni. Il movente, secondo gli investigatori, è la rapina, ma è stato il procuratore Caselli ad affermare che la brutalità lasciava pensare a un comportamento seriale.

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