Torino, costringe il figlio a ripetere le tabelline ogni mattina: ceffoni a ogni sbaglio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Gennaio 2019 - 15:32 OLTRE 6 MESI FA
Torino, obbliga figlio a ripetere tabelline: ceffoni a ogni sbaglio

Torino, costringe il figlio a ripetere le tabelline ogni mattina: ceffoni a ogni sbaglio

TORINO – Ogni mattina il figlio di otto anni si alzava dal letto, andava dal papà e veniva costretto a recitare le tabelline. Gli errori non erano ammessi: se sbagliava, veniva picchiato. Questa la storia che arriva da Torino e per cui un padre è stato rinviato a giudizio con l’accusa di abuso di mezzi di correzione. Il padre del bimbo ha patteggiato la condanna, 

Ottavia Giustetti su Repubblica spiega che il bimbo veniva tormentato da questo rituale ogni singolo mattino, un rituale andato avanti per tre anni, da svolgere appena sveglio e prima di colazione. Il piccolo ha raccontato in tribunale: “È papà che mi segue. Mi fa andare su da lui e io devo dire quello che devo dire”. Ai giudici che gli hanno chiesto se era bravo, ha risposto: “Io so tutta quella del 15, dall’1 fino al 12 le so tutte, e invece del 13 e 14 so solamente cinque numeri, praticamente 13- 26- 39- 52- 65” . E se sbagliava? Le parole lasciano l’amaro in bocca: “Alcune volte sbaglio e papà mi picchia” .

In audizione protetta davanti al giudice, il bimbo ha spiegato che il rituale delle tabelline è iniziato quando aveva cinque anni: “E’ tre anni che lo faccio, che vado sopra da lui sono tre anni, praticamente ho iniziato a cinque. Alcune volte quando faccio il birichino papà mi picchia, mi dà degli scappellotti”. Il fratello gemello, però, è esonerato dal rituale: “Papà lo fa solo con me perché io sono più bravo”.

Il padre è finito a processo per maltrattamenti ed è stato allontanato da casa per sei mesi. Intanto davanti al giudice si è difeso: “Lo faccio per il futuro, i bambini devono crescere in fretta e bene, chiedo di recitare le tabelline al mattino presto perché poi io sono fuori casa tutto il giorno”.

Secondo gli avvocati del papà, dietro ai suoi metodi rudi c’era il desiderio di educare il figlio e non di mortificarlo, anche se il fratello gemello ritenuto meno brillante non era oggetto delle sue attenzioni. Il processo si è chiuso con un patteggiamento a 3 mesi per abuso dei mezzi di correzione.