Torino, neonato con la polmonite muore dopo le dimissioni. I genitori: “Gli hanno prescritto aerosol”
Pubblicato il 20 Febbraio 2019 - 18:56| Aggiornato il 21 Febbraio 2019 OLTRE 6 MESI FA

Torino, neonato con la tosse muore dopo le dimissioni. I medici avevano detto: “Fategli aerosol”
TORINO – “Fategli l’aerosol”. Così i medici dell’ospedale avrebbero detto ai genitori dopo aver visitato il loro bimbo che presentava forti attacchi di tosse e svenimenti. Il piccolo, 20 giorni appena, è morto la mattina dopo che è stato dimesso. Sul caso la Procura di Torino ha aperto un fascicolo di inchiesta per omicidio colposo, a carico di ignoti. Il bambino sarebbe morto di polmonite, ma sarebbe stato dimesso dopo che la sua malattia sarebbe stata etichettata come rinite.
La tragedia si è consumata lo scorso 2 febbraio a Torino. Il piccolo rifiutava il latte, continuava a tossire e dormiva praticamente tutto il giorno, quando i genitori, dopo essersi rivolti al pediatra, la notte del 31 gennaio l’hanno portato in ospedale.
Dopo averlo visitato, i medici l’avrebbero poi dimesso prescrivendogli l’aerosol. Dopo il ritorno a casa, la mattina del 2 febbraio il bimbo è svenuto. I genitori hanno chiamato il 118, ma il neonato non si è più ripreso: è morto poco dopo essere arrivato all’ospedale.
Sul corpo del bambino è stata eseguita l’autopsia dal medico legale Francesco Bison, ma per stabilire le cause del decesso sono necessari gli esiti dei campionamenti su cui verrà fatta una lunga serie di analisi.
“Vogliamo solo giustizia“, dicono ora il padre, 40 anni, e la mamma, 29 anni, seguiti dagli avvocati Enzo Pellegrin e Federico Milano. “Stava male e così l’abbiamo portato al pronto soccorso – raccontano – L’hanno visitato, dimesso e gli hanno prescritto l’aeresol. Abbiamo fatto tutto ciò che ci è stato detto ma, la mattina del 2 febbraio, nostro figlio ha girato gli occhi, ha perso i sensi. Abbiamo chiamato il 118: i medici hanno cercato di rianimarlo per quasi un’ora. Poi l’hanno portato all’ospedale, ma quando siamo arrivati ci hanno detto che non ce l’aveva fatta. Ora continuiamo a guardare le sue foto: è tutto ciò che ci rimane”.